Il Fatto quotidiano: Cottarelli e il Fondo Monetario nel pasticciaccio di San Marino

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San Marino. I giornali italiani continuano ad occuparsi della Repubblica e della battaglia che si consuma sul sistema bancario. Oggi è la volta del “Fatto Quotidiano” e del giornalista Giorgio Meletti che titola: “Cottarelli e il Fondo Monetario nel pasticciaccio di San Marino”. Senza mezzi termini, nel pezzo, si parla di “puzza d’imbroglio” che si sente anche dall’Italia.

Ma torniamo al sottotitolo: La crisi bancaria travolge la mini Repubblica e lo scontro politico infuria: l’opposizione accusa la Banca centrale di “trame eversive” con sponde a Washington.

Questo è l’incipit del suo articolo, tra ironia e amara realtà: “Sembra un remake del Ruggito del topo, antica commedia hollywoodiana con Peter Sellers: il piccolo ducato di Grand Fenwick manda venti uomini ad attaccare gli Stati Uniti con arco e frecce per perdere la guerra ed essere ammesso agli aiuti americani per le potenze sconfitte. La farsa si ripete oggi con la Serenissima Repubblica di San Marino”.

Non ci poteva essere parallelismo più azzeccato. L’attenzione dell’articolista va quindi all’esposto presentato alla Reggenza dalla DC. Un esposto al veleno, sul quale scrive: “Un esposto al veleno. Gli istituti di credito sono pieni di sofferenze e i capitali fuggono. Ora sta per arrivare la stangata della vigilanza, inizia la guerra / Cottarelli e il Fondo Monetario nel pasticciaccio di San Marino / La crisi bancaria travolge la mini Repubblica e lo scontro politico infuria: l’opposizione accusa la Banca centrale di “trame eversive” con sponde a Washington

(…)  Lo scontro tutto interno all’opaco sistema di potere del Titano ha coinvolto lo stesso Carlo Cottarelli, capo della circoscrizione del Fmi di cui fa parte San Marino. In campo ci sono cinque delle sei banche sanmarinesi e l’associazione bancaria (Abs) guidata dall’economista Biagio Bossone (in Italia profeta della moneta fiscale), affiancate dalle opposizioni democristiana (sic) e filo grillina. Tutti contro la sesta banca, la Cis, e con chi accusano di farne il gioco: la banca centrale e Cottarelli. La Serenissima è in preda a una profonda crisi bancaria provocata in gran parte da furbetti italiani, oggi accusati di pilotare l’emergenza “dall’estero”.

Lo scontro è culminato in un esposto alla Reggenza, cioè la presidenza della Repubblica, che allude a “un disegno opaco, silente e inarrestabile che mira a un controllo eversivo di alcune funzioni dello Stato, verosimilmente a servizio di alcuni deteriori interessi economici stranieri”. Sotto accusa il presidente della Banca Centrale, l’egiziano Wafik Grais, che non parla italiano in un posto dove quasi nessun banchiere parla inglese. (…)
Le accuse hanno scatenato sul Titano polemiche furiose. Cottarelli tace. Il governatore Grais è accusato di pregressi collegamenti con la Cis e, tra le righe, di esserne ispirato, per esempio quando ha stoppato l’istituzione della Centrale rischi, definendola “problematica e dannosa”.  (…)  L’Fmi sta raccomandando, per la gioia di Grais, la vendita rapida delle sofferenze, sia pure a prezzo vile. Gli insolventi sperano che i fondi acquirenti siano loro amici.
Alle banche resterebbe un buco patrimoniale che lo Stato dovrebbe coprire, per poi consegnarsi, stavolta davvero, al Fmi. La storia è complicata e non è facile tracciare confini esatti tra torti e ragioni. Ma la puzza d’imbroglio si sente da lontano. Anche dall’Italia.

 

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