Confische risarcitorie, non torniamo indietro

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È un appello in piena regola quello lanciato dal capogruppo di Rete, Roberto Ciavatta, a cui si affianca Federico Pedini Amati di MD. C’è il pericolo infatti che lo Stato debba restituire i soldi confiscati a chi ha fatto riciclaggio.

Il riferimento è al caso di dichiarazione di legittimità costituzionale dell’intero impianto normativo (codice penale e codice di procedura penale) che regolamenta i sequestri e le confische nei casi di possesso ingiustificato di valori.

“In pratica – spiega Ciavatta – fin dal 2010, ma con un ultimo intervento normativo introdotto nel 2013 si è stabilito che, di fronte a reati contestati, l’onere della prova rispetto alla provenienza non illecita dei valori posseduti debba ricadere sull’imputato.”

Fa un esempio: “Se io ho un milione di euro in banca, magari versati in contanti, e la mia professione non pare legittimare tali somme, e vengo accusato e condannato di aver accumulato cifre consistenti in maniera illecita, sta a me dimostrare dove e come ho accumulato le somme che detengo. Ad esempio: ho vinto alla lotteria?”

È una norma all’avanguardia, secondo RETE e MD, perché anche qualora intervengano i termini di prescrizione di reati maggiori (ad esempio di riciclaggio), lo Stato può comunque disporre la confisca dei denari e dei beni posseduti a titolo risarcitorio. Se per caso, in un’accusa di riciclaggio, il reato viene accantonato per avvenuta prescrizione dei termini nonostante la magistratura abbia accertato le responsabilità dell’accusato, con la legge attuale, il bene di proprietà del soggetto può venir aggredito, trattandosi comunque di soldi o proprietà che il soggetto ha in quel momento nelle sue disponibilità.

Sta a lui dimostrare che quel denaro, o quei beni, non sono frutto del riciclaggio, ma di altra natura.

Ora, succede che c’è un ricorso al Collegio per la Costituzionalità delle norme, proprio su una combinazione di eventi di questa natura. La stampa, nei giorni scorsi, aveva lanciato l’allarme affermando che lo Stato può venire chiamato a restituire i soldi delle confische e, in qualche maniera, divenire complice di reati infamanti. Peggio ancora, di “ripulire soldi” frutto di reato.

“Non entro in questioni tecniche sui procedimenti penali che non mi competono – chiarisce Ciavatta –  fin qui ho dato una lettura dei testi coordinati del complesso normativo afferente a queste misure. E non entro nemmeno in dettagli sui ricorsi volti a riaffermare la pretesa della difesa di non invertire l’onere della prova.

Voglio solo constatare quanto emerso in diversi articoli apparsi sulla stampa in merito a ricorsi di costituzionalità su questi principi, l’accoglimento dei quali se da una parte può essere un’opportunità di riaffermarne la validità, dall’altra parte potrebbe avere conseguenze gravi per l’immagine e la reputazione del paese se venisse dichiarata l’incostituzionalità.  Il Collegio Garante considera aspetti tecnici, confronta le norme e ne stabilisce la linearità tra loro senza entrare nel merito dei singoli procedimenti.  Ma per lo Stato dover restituire somme di denaro a chi ha fatto riciclaggio, equivarrebbe a fare di San Marino una terra collaborativa con i reati più infami: sequestro di persona, riciclaggio, usura, traffico di stupefacenti eccetera.”

Di qui l’appello direttamente ai Capitani Reggenti di farsi portavoce, rispetto al Collegio Garante, “della volontà del nostro paese di essere compliance con le indicazioni di organismi internazionali come Moneyval e GAFI, oltre che degli accordi sottoscritti di recente con la Repubblica Italiana proprio in direzione di contrastare il riciclaggio.”

E su questo tono, Rete e MD presentano un odg con la richiesta di essere votato nell’attuale sessione del Consiglio. Ovvero prima della riunione del Collegio Garante della Costituzionalità delle norme.

 

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