Tonnini sullo scudo fiscale: “Non c’è stato confronto tra le forze politiche”

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San Marino. “Non c’è più un confronto democratico: il governo fa e disfa a proprio piacimento, fa decreti senza chiedere a nessuno, o ancora peggio se si agisce su preciso mandato di singoli interessi, salvo poi diluire i danni verso la collettività”.

Elena Tonnini commenta così la decisione del governo di varare il primo scudo fiscale sammarinese. Il consigliere di Rete dice che “si può certamente ragionare di uno scudo fiscale sammarinese” ma al governo chiede “con quale obiettivo si obbliga al rientro di somme dall’estero senza aver prima ricostruito la fiducia nel nostro sistema?”. La Tonnini in questa intervista, affronta anche altri temi importanti come rilancio del sistema bancario, telecomunicazioni e nuova Pa.

Elena, come giudica finora l’operato di Rete e Md-Si?

“Credo che il nostro operato debba essere giudicato dalla popolazione, l’autoreferenzialità la lascio ad altri. Io prima del 2012 non facevo politica. Proprio l’esperienza di crescita di Rete assieme a Md-Si mi ha formato e arricchito molto. C’è un modo di lavorare assieme che è importante: una collaborazione tra i gruppi che parte dall’approfondimento nel merito dei singoli temi, anche grazie all’aiuto prezioso di tecnici disponibili a dare il proprio contributo, fino alla costruzione di proposte e soluzioni. Tutto questo è estremamente prezioso soprattutto in un periodo di eccezionale gravità per la storia della nostra Repubblica. In meno di un anno del governo di Adesso.sm, stiamo infatti vivendo ogni tipo di ribaltamento soprattutto nel sistema bancario e finanziario. Non che non si dovesse intervenire dopo l’eredità e l’immobilismo democristiano che ha grandi responsabilità per la situazione in cui oggi ci troviamo, ma in un sistema finanziario delicato come una cristalleria, perché collegato ai risparmi, alle imprese, alle pensioni, ci si muove con contezza e valutazione millimetrica degli spazi, oppure ogni passo rischia di essere un disastro e di creare reazioni a catena”.

È stato varato dal governo il primo scudo fiscale sammarinese. Rete come ha preso questa decisione?

“Per lo scudo fiscale parliamo di nuovo di un decreto, infatti in Consiglio la cosa non è stata accennata. La differenza tra un decreto e una legge è che un decreto è fatto dal governo e appena emanato diventa subito attuativo, mentre una legge nasce da un lavoro in Consiglio in cui vengono chiamate ad esprimersi tutte le forze di maggioranza ed opposizione. Questo per dire che non c’è più un confronto democratico: il governo fa e disfa a proprio piacimento, fa decreti senza chiedere a nessuno, o ancora peggio se si agisce su preciso mandato di singoli interessi, salvo poi diluire i danni verso la collettività. Per noi si può certamente ragionare di uno scudo fiscale sammarinese, ma con quale obiettivo si obbliga al rientro di somme dall’estero senza aver prima ricostruito la fiducia nel nostro sistema?”.

Quali sono le soluzioni che Rete propone per rilanciare il sistema bancario?

“Abbiamo già rilevato da mesi come questo governo non solo non ha affrontato i problemi già esistenti nelle banche, cioè patrimoniali e di malagestione, ma ne ha creato un altro e ben grave, quello della fuoriuscita strutturale di liquidità. I dati di sistema di Banca Centrale dimostrano una fuoriuscita di più di 300 milioni solo negli ultimi 3 mesi da parte dei residenti sammarinesi. La priorità dovrebbe essere quella di ricostruire questa fiducia ed è per questo che Rete e Md-Si già a maggio hanno presentato 9 proposte per affrontare l’emergenza. Impossibile elencarle tutte, ma un esempio mi sia concesso: la trasparenza dei grandi debitori delle banche per evitare che queste persone, già conosciute a Bcsm, potessero influire sulle scelte politiche del sistema bancario e finanziario. Purtroppo un governo autoreferenziale si limita a bocciare tutto con sufficienza, senza nemmeno valutare nel merito. Resta il fatto che lo scorso mese la magistratura ha aperto il fascicolo sulla compravendita di quasi 50 milioni di titoli tra Banca Centrale e una banca privata col presunto scopo di coprirne i debitori riconducibili a Siotto e Confuorti. Pare anche che per tale compravendita siano stati utilizzati i fondi pensione del Fondiss. Se la nostra proposta fosse stata considerata, non si sarebbe giunti a questo punto. Non possiamo non chiederci quindi se il governo sapesse cosa stava accadendo”.

Grais non è più il presidente di Banca Centrale. Cosa gli rimprovera?

“Grais è arrivato a San Marino con un bando internazionale che, rivelatosi una farsa, ha minato, tanto ce ne fosse bisogno, la nostra credibilità. Il bando aveva pochi ma precisi requisiti, che tuttavia non rispettati. Il governo che ha permesso quello scempio è in parte lo stesso di Adesso.sm. Adesso.sm che ha anche proposto i requisiti di onorabilità per il nuovo CdA di Cassa di Risparmio, salvo poi nominare come consiglieri la banda del Monte Paschi di Siena, tuttora non si sa su indicazione di chi, e un rinviato a giudizio come presidente. Viene da chiedersi: che credibilità hanno i requisiti se un governo non rispetta neanche quelli che si impone da solo? Non solo: il governo mentre grida all’autonomia mi pare faccia pressioni politiche evidenti, facendo nominare il nuovo direttore di Bcsm con un nome in busta chiusa arrivato al consiglio direttivo che, dopo averlo votato, si è dimesso in massa. Uno di quei dimissionari è diventato poi presidente di Cassa di Risparmio: il controllato, Carisp, ha quindi nominato il proprio controllore, Bcsm. Se quindi Grais ormai se n’è andato, con tutti i suoi benefit, emersi grazie al lavoro di Rete e Md-Si in Commissione, concessi con qualche finta consulenza elargita dalla Fondazione Bcsm che serviva solo per raggirare il tetto degli stipendi, chi gli ha costruito ponti d’oro per arrivare a San Marino continua evidentemente con la propria opera di governo scellerato”.

E cosa pensa dello scontro tra governo e Giunta di Acquaviva sull’installazione di un’antenna per la telefonia mobile?

“Acquaviva è un Castello sin troppo abituato a ripetere storiche lotte a tutela della propria vivibilità. Oltre a quella dell’antenna già in fase di realizzazione di fronte al centro Gualdo, nonostante la richiesta di sospensione da parte di cittadini e giunta in un’ottica di maggiore confronto sulle soluzioni esistenti, c’è anche l’incompatibilità di convivenza tra area residenziale e industriale, in particolare con la Cartiera

Ciacci che pretende di sviluppare la propria attività con depuratore e cogeneratore in un’area in cui il Piano regolatore generale parla esplicitamente di ‘trasferimento delle attività industriali incompatibili con la residenza’. Sul tema antenne, credo che il governo abbia eseguito l’ennesima forzatura senza dare sufficienti risposte in termini di superamento del monopolio sammarinese e innovazione. Se è vero che non esistono soluzioni perfette, è anche vero che uno Stato e il suo governo hanno il dovere di valutare tutte le soluzioni possibili e vagliare quelle con minor impatto per territorio e cittadini. Al contrario, il governo ha portato avanti un unico studio che risponde alle esigenze di un unico operatore, tenendo nel cassetto quello esistente che valutava un sistema misto di collegamento tra impianti meno impattanti e la rete in fibra ottica dello Stato. Si sta perdendo una grande occasione: essere un Paese che portava in dote ai potenziali investitori una rete di telecomunicazioni innovativa e di sua proprietà”.

Quale suggerimento dà Rete al governo per migliorare le telecomunicazioni a San Marino?

“La nostra proposta prevede il completamento della rete in fibra ottica con una fibra ‘attiva’: unico modo per superare il monopolio privato esistente, mettendo tutti gli operatori sullo stesso livello e permettere di applicare finalmente una fiscalità vantaggiosa per lo Stato”.

Cosa manca alla Pubblica amministrazione per essere più snella?

“Manca ancora un percorso di trasparenza che eviti l’accentramento nelle mani del Congresso di Stato. Secondo noi per attirare investitori esteri seri occorre una ipersemplificazione delle norme con testi unici e chiari che consenta agli investitori di pianificare a monte con ragionevole certezza la propria attività, promuovendo il rapporto con l’amministrazione pubblica come unico interlocutore e superando invece la contrattazione e l’improvvisazione di condizioni su misura tra segretari di stato e investitori. Questo rapporto tra politica e affari non ha giovato al nostro Paese, ancora ampiamente esposto dal punto di vista della corruzione. Purtroppo si sta procedendo in tutt’altra direzione. Due esempi su tutti. Un investitore serio non ritiene normale dover relazionarsi col politico o segretario di Stato di turno per realizzare il proprio progetto con regole su misura in deroga ad ogni norma, anziché con Uffici preposti seguendo le leggi esistenti. É quello che invece avviene nel Testo unico di Michelotti con il convenzionamento in caso di progetti industriali o commerciali: se è vero che i terreni pubblici interessati da un progetto rimangono di proprietà dello Stato, è anche vero che è ancora il Congresso di Stato a stabilire con il privato condizioni di investimento su misura. Che tipo di capitali attira un paese che rilascia una ‘residenza elettiva’ a chi acquista con 500.000 euro un immobile, oppure a chi deposita 600.000 euro all’Ecc. Camera in assenza di adeguati controlli sulle somme in ingresso e avendo come unico vaglio quello del Congresso in quel momento, che decidono in modo discrezionale? Chi eseguirà l’adeguata verifica sulla provenienza di quei soldi?”.

Andrea Lattanzi – La Serenissima

 

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