RETE-MDSI: Celli, la fata Turkina

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San Marino. Gli ultimi quattro governi (AP-SU-PSD, Patto per San Marino, Bene Comune e Adesso.sm)  hanno utilizzato il meccanismo del credito di imposta per puntellare i bilanci di quegli istituti bancari che hanno assorbito le perdite delle banche andate in default. A titolo di esempio, il credito di imposta è stato accordato a banca CIS quando ha assorbito EuroCommercial Bank; ad Asset Banca per Banca Commerciale Sammarinese; a Cassa di Risparmio quando ha incorporato Asset.

Un puro artificio contabile stabilito attraverso cinque decreti (dal 2007 al 2017) grazie a cui le banche, in un colpo solo, hanno sorretto i propri bilanci e non hanno versato nulla allo Stato. Dall’altra parte, lo Stato ha rinunciato ad incamerare imposte, tasse ed in alcuni casi anche i contributi dei lavoratori. Una cifra incontrollata che ha raggiunto oltre 150 milioni di euro: tutti mancati introiti per lo Stato.

Tramite un decreto delegato di luglio 2017, il governo di Adesso.sm ha regalato alle banche la possibilità di convertire questo credito di imposta in titoli di debito: se prima lo Stato rinunciava a cospicue entrate, con questo decreto “masochista” diviene  istantaneamente debitore delle banche per oltre 150 milioni, e di una specifica – Banca Cis – per 74 milioni.

Particolare la situazione per cui, proprio nei mesi estivi, fosse stata avviata la trattativa per la cessione del pacchetto azionario di Banca Cis, che aveva in pancia 74 milioni di carta straccia (cioè appunto il credito di imposta), che con un colpo di bacchetta magica del Segretario Celli sono stati tramutati in 74 milioni di euro di titoli di stato: lo Stato è diventato quindi debitore di Banca CIS e delle altre banche beneficiarie del credito di imposta. Ma non basta, perché in base al decreto di Adesso.sm lo Stato deve pagare annualmente anche gli interessi.

Ora capite bene che tramutare carta straccia in titoli di stato, cambia il valore di mercato della banca. Poter vantarsi di avere lo Stato tra i propri debitori, aumenta di certo l’appeal di una banca agli occhi di un potenziale compratore. Lo sapevano i proprietari del Cis Marino Grandoni e Daniele Guidi, e lo sapeva Ali Turki che doveva comprarla.
Quando tutto sembrava procedere per il meglio (per loro) a rompere le uova nel paniere ci ha pensato il Fondo Monetario Internazionale,  che in qualità di regolatore economico internazionale non poteva non sollevare delle eccezioni riguardo al ricorso di pratiche contabili più che fantasiose, e che ha evidenziato i rischi che avrebbe comportato un aumento del debito pubblico a cifre non più sostenibili da parte dello Stato.

Nei mesi scorsi nulla ha scalfito le convinzioni di Adesso.sm: le manifestazioni in piazza, gli appelli alla ragionevolezza, i ricorsi delle forze di opposizione si sono sempre scontrati con strenue difese governative. Ma dopo l’arrivo del FMI, abbiamo assistito all’ennesima retromarcia di Celli che il 21 gennaio 2018 ha dichiarato: “Stiamo ragionando sugli interventi più appropriati da attuare relativamente alla problematica sul credito di imposta. L’ipotesi della scorsa estate era quella della conversione in obbligazioni, titoli del debito pubblico, di questi crediti. Ipotesi che non è, però, ritenuta la soluzione migliore. A questo punto si ragionerà su altri versanti con la consapevolezza che quello del credito d’imposta è un problema che merita risposta e che va affrontato senza tentennamenti o disattenzione da parte del governo”.

Naturalmente siamo contenti che finalmente Celli si sia persuaso. Peccato che, nei fatti, abbia subito disatteso quanto dichiarato, bocciando un ordine del giorno che chiedeva il ritiro del decreto che prevedeva la conversione del credito di imposta in titoli di debito.
Immaginiamo che questa presa di posizione del FMI abbia creato non pochi dissapori. Da una parte Ali Turki che, vedendosi rifilata una banca farlocca preme su Grandoni; dall’altra Grandoni che preme sul governo e nel mezzo Celli che deve obbedire a tutti.
Sarà che è da poco passato Carnevale ma ci ricorda tanto Arlecchino, servitore di due padroni. Solo che alla festa in maschera i sammarinesi non sono invitati.

Movimento RETE – Movimento Democratico San Marino Insieme

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