Le opposizioni sulla giustizia: avete fatto uno scempio

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San Marino. Solo con una ricostruzione puntuale e rigorosa dei fatti si può capire la famosa “questione giustizia”. Meglio ancora, il rapporto tra tribunale e politica. Per questo, le opposizioni hanno organizzato la serata pubblica di giovedì sera, a Borgo Maggiore. Al tavolo del relatori: Elena Tonnini di Rete, Alessandro Cardelli capogruppo DC, Federico Pedini Amati di Movimento Democratico, Alessandro Mancini capogruppo socialista, Iro Belluzzi PSD.

Tutto comincia ad ottobre, in concomitanza con l’operazione titoli e la relativa indagine affidata al giudice Morsiani. Il caso Savorelli fa salire la febbre. L’allora magistrato dirigente Valeria Pierfelici consegna alla Commissione Giustizia una nota su pressioni e attacchi della politica alla magistratura, sottolineando il fatto che gli stessi episodi erano successi anche in passato e che la storia si ripeterà. Insieme alla nota, consegna la richiesta di non divulgare tali informazioni perché sono a rischio di reato penale. Invece poi saranno i membri del Consiglio Giudiziario Plenario a rendere pubblico il documento.

All’epoca, la Commissione pretende di far uscire l’informazione. Ed è qui che è venuta a mancare la famosa unanimità che è sempre stato il metodo di lavoro della Commissione. Appare evidente, per precisi segnali colti in varie sedi, che la maggioranza vuol far saltare il Magistrato Dirigente e tutti i pretesti sono buoni. Per questo arrivano le dimissioni dei membri di minoranza; l’accusa di colpo di Stato, che altro non è che l’intento di piegare il tribunale ai voleri della politica; la fretta della maggioranza di convocare gli organismi giudiziari per portare avanti il progetto iniziale.

L’inoperatività del tribunale è un puro pretesto. La Commissione è solo politica e fa da punto di collegamento grazie alla presenza del Magistrato Dirigente. Il Consiglio Giudiziario Ordinario è composto da tutti i giudici del tribunale, cioè quindici, e funziona in qualche maniera da autogoverno. Il Plenario è un organismo paritetico: 11 membri togati, 11 politici. Il tutto regolamentato da leggi che garantiscono l’operatività del tribunale e la sua autonomia. Ma non c’è una norma che prevede la revoca del mandato al Magistrato Dirigente. Quindi. È fuorilegge espellerlo sulla base di un ordine del giorno votato da 7 giudici (che non sono neppure la maggioranza del tribunale), sostenuto dalla maggioranza politica. E giustamente, il Magistrato Dirigente, umiliata da queste forzature, ha annunciato che si farà le sue ragioni, anche in sedi internazionali.

Tra l’altro, gli ordini del giorno presentati al Plenario, erano due, ma non si è voluto divulgare il secondo. Che diceva solo due cose: la possibilità di una mediazione e la velocizzazione delle indagini sul caso titoli e sul processo Mazzini, dopo di che il MD si sarebbe allontanato di sua spontanea volontà. Sappiamo come è andata a finire.

Ma questa maniera di “setacciare la verità” hanno chiosato i relatori della serata, fa emergere un “conflitto istituzionale” che non ha paragoni nella storia sammarinese. Tra l’altro, la revoca del MD in assenza di legge, è un precedente molto grave, che può innescare conseguenze ancora più gravi. Anche a livello internazionale. Chi potrà avere interesse a venire a San Marino di fronte a violazioni così eclatanti della certezza del diritto? E quale accoglienza potrà avere San Marino in Europa di fronte a tali criticità? E ancora: mandare via un MD, accusato di fare gossip, è la strada giusta per riportare la serenità in tribunale? Se di fronte a tutto questo, il tribunale dovesse andare in corto circuito (perché tutti possono esercitare l’istituto della ricusazione), l’intero Paese andrebbe in corto circuito.

In tutto ciò, hanno concluso i relatori, emerge l’inadeguatezza del Segretario alla Giustizia Renzi, il cui il cui preciso compito era quello di mediare e placare gli animi e che, invece, ha voluto far saltare il banco.

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