La notte dei diritti umani nella Repubblica di San Marino

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Nella Repubblica vi è un fortissimo l’entusiasmo per una nomina di due politiche alla suprema Magistratura. Nel fare alle Eccellenze i migliori auguri di un proficuo lavoro, sottolineo anche, come i simboli sono importanti, e la nomina di due donne al ruolo di Capitano Reggente lo è sicuramente, ma trovo roboanti e fuori posto le eccessive aspettative legate ad una Reggenza di genere, quando buona parte della politica sammarinese, sia pure con responsabilità molto diversificate ha posto il tema dei diritti umani ai margini del dibattito politico, se non proprio nel dimenticatoio.

Ricordiamo tra gli altri il tema dell’aborto negato “in ogni circostanza”, anche in caso di stupro o malformazione del feto, il pieno riconoscimento dei diritti LGBT.

Osservazioni molto critiche su questi temi arrivano anche dall’Europa a cui San Marino vuol aderire a giorni alterni con modalità à la carte secondo convenienza politiche contingenti, senza una progetto di ampio respiro e di lungo termine.

Alcune di queste osservazioni sono contenute sia nel rapporto del 2013 ECRI Cioè la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza e si occupa di tutela della persone, quindi anche dei casi di xenofobia. E tra le diverse raccomandazioni aveva chiesto a San Marino più impegno nel combattere le discriminazioni ‘nascoste’ nella società, di indagare su un eventuale non rispetto della persona in ambienti di lavoro e di dare la possibilità alle cosiddette “badanti” di avere un permesso di soggiorno per 12 mesi consecutivi.

Dopo questo sonora tirata di orecchi ne è arrivata un’altra ancora più grave nel giugno 2015 contenuta  nel rapporto  del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks che raccomandava di assicurare il riconoscimento giuridico del genere di una persona in modo rapido, trasparente e accessibile sulla base di autodeterminazione, oltre a  chiedere modifiche legislative al fine di garantire la protezione giuridica per le coppie dello stesso sesso, nella forma di un’unione civile o dell’unione registrata in grado di provvedere ai bisogni fondamentali di una coppia impegnata in una relazione stabile.

Il Commissario invitava inoltre le autorità ad assicurare subito che alle coppie conviventi dello stesso sesso sono legalmente concessi tutti i diritti di cui godono i conviventi non sposate coppie di sesso opposto, anche per permessi di soggiorno e a impegnarsi in attività di sensibilizzazione per la promozione del rispetto e di uguaglianza per le persone LGBTI.

Altre osservazioni critiche sono arrivate riguardo ai diritti riproduttivi, ove si richiede alle autorità di migliorare la legge attualmente molto restrittiva in materia di aborto. “L’attenzione dovrebbe essere sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate, non a limitare le scelte delle donne. Come minimo, le autorità dovrebbero depenalizzare aborti eseguiti per preservare la salute fisica e mentale delle donne, o nei casi di fatale feto anomalia, stupro o incesto. Essi dovrebbero anche confermare pubblicamente che le sanzioni penali non si applicano nei casi di aborti legalmente svolte all’estero”.

Tutto questo premesso, mi chiedo se davvero i diritti fondamentali dell’Uomo possono essere ancora oggetto di scambi e sottostare a logiche interne e spesso opache di maggioranza politica.

In uno Stato sovrano in cui, vuoi per la frammentazione politica, vuoi per una sorta di becero benaltrismo, per cui nel teatrino della politica locale i diritti civili, umani e sociali, cioè quei diritti che riguardano tutti coloro che stanno fuori dal Consiglio Grande e Generale vengono liquidati con l’ormai famigerata frase: “C’è ben altro di cui occuparsi” cioè spesso problemi economici ritenuti più contingenti o problemi legati qualche volta alla mera conservazione dello scranno, vuoi per il ruolo egemone della Chiesa Cattolica, il risultato finale è uno Stato a laicità ridottissima dove l’impronta clericale permea tutta la legislazione dei diritti rendendola  antimodernista e liberticida.

Le conseguenze sono, per esempio, che l’aborto vietato in Repubblica viene praticato con frequenza nelle vicine strutture sanitarie oltre confine, creando quel fenomeno sociale meglio noto come il turismo dei diritti, soluzione questa che ovviamente spesso penalizza chi non ha le disponibilità economica per poter recarsi all’estero e pagare le relative spese sanitarie, per un diritto di cui, ripeto dovrebbe godere in patria.

Vi è un nuovo Governo e una nuova Reggenza e vedremo se qualcosa sui muoverà positivamente nella direzione delle libertà riconosciute, oppure come (purtroppo) temo, la notte dei diritti continuerà a essere fonda e l’alba delle libertà tarderà ancora molto ad arrivare.

 Pietro Masiello

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