O antica Repubblica… malata di Alzheimer

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San Marino. È passato a malapena un decennio dal salasso finanziario che nel 2008 cominciò, con epistassi incontenibile, a drenare i capitali dalle nostre banche. Siamo di recente transitati e non ancora guariti dal paradosso che ha visto diversi cittadini sammarinesi portare i propri risparmi oltre confine.  Sappiamo di avere una quantità importante di NPL in pancia, con istituti di credito commissariati e/o tecnicamente falliti da un paio d’anni.

Intravediamo il potenziale di un nuovo turismo culturale, ma non riusciamo a sterzare, complice il fatto di essere un’enclave del paese con l’80% del patrimonio artistico mondiale.  È evidente come la monofase, rea confessa di aver stimolato e alimentato le famose “cartiere” nel recente passato, sia oggi un freno enorme per le aziende.

Non sembra invece ancora chiaro a noi stessi e al mondo come San Marino rappresenti un terreno perfetto per l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo, a patto che l’imprenditore sappia già cosa produrre e come farlo mettendoci il capitale di partenza e fondando di fatto uno spinoff di aziende già strutturate provenienti da tutto il mondo che sarebbero di sicuro molto più competitivi operando dalla Repubblica che non da altre parti.

Vi faccio una proiezione che mi potrebbe aver passato mia nonna, tanto è semplice: 100 imprenditori che investono meno di 1 milione per aprire 100 spinoff entro la fine del 2020, i quali trovando comodamente sede tra le centinaia di capannoni sfitti, fatturano 5 milioni e impiegano 15 Sammarinesi ciascuna in media; significherebbe 500 milioni di PIL in più senza spese per lo Stato con un gettito di circa 40 milioni all’anno, ovvero pareggio di bilancio, contando  anche la monofase, anzi l’IVA al 15%, che è meglio; 750 nuovi assunti che con l’indotto tenderebbero a 1000 e che farebbero rientrare il tasso di disoccupazione entro percentuali fisiologiche, anzi trascurabili, con l’ISS in ritrovata salute per un immediato miglioramento dei servizi al cittadino e con conseguente aumento dei consumi a beneficio dei commercianti e dei professionisti; condire il tutto con abbondante digitalizzazione in partnership con l’AASS che è il gioiello di Stato e l’elisir di lunga vita è servito. Tutto ciò aspettando un giorno di poter accedere ai finanziamenti europei. A quel punto saremo anche in grado di essere attrattivi per fondi e business angels che investono in startup ad alto contenuto tecnologico, dando l’opportunità a tutti gli imprenditori, sammarinesi e non, di accelerare la scalabilità della propria impresa, ma fino a quel momento persino l’Italia al giorno d’oggi resta molto più allettante per lanciare una startup; così non è per uno spinoff.

Insomma, in poche parole possiamo e dobbiamo puntare da subito sull’economia reale condita da una forte componente innovativa e per fortuna qualche raro imprenditore illuminato lo sta già facendo, seppur con risorse proprie, giacché qui da noi non esiste cultura del venture capital ma solo banche convenzionali dove al massimo puoi scontare qualche fattura e pagare qualche bolletta. Non voglio essere banale, ma a conti fatti questo piatto che ho descritto si potrebbe mettere in tavola con ingredienti già presenti in dispensa e soprattutto reperibili a chilometro zero, la cui proprietà intellettuale appartiene già al nostro popolo, che in tal modo rimarrebbe padrone della propria identità. E invece no. Sembra che ancora si preferisca tentare il colpo gobbo, affidandosi al bottino di qualche paperone che non produce nulla, se non interessi finanziari coi propri capitali, i quali verrebbero investiti magari in mattoni e cemento in saldo…. caspita che innovazione geniale!

Ben vengano i capitali stranieri, ma con regole ferree in grado di ospitare tutti quei facoltosi che hanno il problema di aver troppi soldi e non sanno come impiegarli, che in quanto tali, mi viene da dire, non si capisce perché mai dovrebbero venire a San Marino e ad esempio non andarsene a Montecarlo, Lussemburgo o Andorra. Forse perché lì sarebbero tra i tanti e nemmeno tra i più grossi, mentre qui sarebbero il “big one”, incontrastato. Senza forza contrattuale per far rispettare le regole, invece, rischieremmo di affittare l’utero della Repubblica a nuovi potenziali padroni che forse non avrebbero scrupoli a buttare il bambino insieme all’acqua sporca.

Dobbiamo decidere una volta per tutte chi siamo e dove vogliamo andare. La scelta non è complicata: finanza pseudo creativa oppure economia reale. Basta aver voglia di tirarsi su le maniche e (ri)cominciare. Dobbiamo tirare fuori gli attributi e gridare con orgoglio la nostra millenaria indipendenza a coloro che ci additano come un caso fortunato della storia, una dimenticanza garibaldina o una defiance napoleonica. Diversamente resteremo una terra anziana che come una malata di Alzheimer che ha dimenticato il proprio nome e la via di casa, attende un finto buon samaritano che ne erediti il patrimonio, la storia e la cultura.

Francesco Chiari  – Cittadino e sedicente imprenditore sammarinese

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