8 marzo 2020: più sostegno alla maternità e maggiori diritti per chi si prende cura dei famigliari

L'incremento del numero di donne lavoratrici nei settori privati negli ultimi tre anni è stato di sole 114 unità, in un periodo di crescita occupazionale. Va superata al più presto la completa liberalizzazione delle assunzioni introdotta con la legge sviluppo del 2017

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La mimosa, fiore simbolo della festa della donna, tra le mani di donne di diverse etnie e fedi religiose, in una foto di archivio . ANSA/FILIPPO VENEZIA

RSM 5 marzo 2020 – Nonostante l’emergenza corona virus che ha investito in maniera così pesante anche il nostro paese, riteniamo doveroso ricordare una ricorrenza così importante come la giornata internazionale della donna che si celebra l’8 marzo. Una ricorrenza fondamentale per riportare al centro dell’attenzione i diritti delle donne e anche per fare il punto sul nostro sistema di protezione sociale.

E a proposito di quest’ultimo aspetto, sono frequenti le istanze d’Arengo riguardanti, ad esempio, il tema relativo all’estensione degli strumenti normativi ed economici per coloro che devono accudire i figli o persone non autosufficienti, oppure l’ampliamento delle tutele a supporto della maternità e della paternità.

Queste istanze mettono in luce la necessità di un miglioramento del nostro sistema di protezione della famiglia, per aggiornarlo alle mutate necessità sociali e all’evoluzione che si è registrata in Europa.

È necessario accrescere le forme di sostegno per coloro – donne e uomini – che si prendono cura dei figli in giovane età e dei familiari non autosufficienti. I diversi contratti collettivi di lavoro hanno già sancito diritti come l’aspettativa e il part time per la cura dei familiari che necessitano di essere assistiti, ma per un periodo limitato nel tempo (massimo due anni). Questi diritti vanno estesi e inseriti in un quadro normativo complessivamente ampliato e rinnovato.

Inoltre vanno introdotti strumenti di sostegno anche alle persone disoccupate che si prendono cura dei famigliari non autosufficienti. In tal senso va prevista la possibilità per chi accudisce i propri genitori o figli in condizioni di disabilità, di maturare almeno i contributi previdenziali.

Una delle necessità è il sostegno economico alla maternità anche per le donne disoccupate. Se è vero che le lavoratrici in maternità hanno ottenuto, grazie alle lotte e conquiste sindacali, il diritto ad un’indennità per la maternità e l’aspettativa post partum, le donne disoccupate non possono disporre di nessuna forma di sostegno economico. Invece, riteniamo che anche le donne non occupate che desiderano vivere l’esperienza della maternità, non debbano essere condizionate negativamente dal fatto di non avere alcuna indennità di carattere economico, che va istituita per una durata congrua.

Nell’affrontare nuovamente il perenne problema delle difficoltà occupazionali per la manodopera femminile sammarinese – le donne continuano ad essere i due terzi dei disoccupati nel paese – dobbiamo rimettere l’accento sulle conseguenze nefaste della totale liberalizzazione delle assunzioni prodotta dalla legge sviluppo del 2017.

I dati parlano da soli: l’incremento occupazionale delle donne nei settori privati negli ultimi tre anni è stato di complessivamente 427 unità; solo 114 sono sammarinesi o residenti, mentre 313 sono lavoratrici forensi. Quindi, le donne sammarinesi sono solo un terzo delle nuove occupate.

Aver dato lavoro a poco più di cento donne sammarinesi negli ultimi tre anni, in un periodo che ha visto una crescita significativa dell’occupazione, pari a 1.401 occupati in più, rappresenta un dato davvero fallimentare! Andando poi ad esaminare nel dettaglio i nuovi posti di lavoro per le donne, si evince chiaramente che si tratta per la quasi totalità di figure che si potevano senz’altro reperire, in buona parte, dalle liste di avviamento al lavoro.

La CSU, pertanto, rinnova con forza la richiesta di superare al più presto la norma sulla liberalizzazione delle assunzioni, per favorire il diritto al lavoro per le donne sammarinesi e residenti.

Oltre a tutto ciò, non possiamo che ricordare il problema mai risolto della violenza sulle donne. Un tema sul quale non bisogna mai abbassare il livello di attenzione né ridurre l’impegno delle istituzioni. Occorre far emergere le criticità e le relazioni di potere esistenti nei diversi ambiti della società, del mondo del lavoro, nella famiglia e nelle relazioni interpersonali, e che talvolta sfociano nella violenza, fisica e psicologica, ai danni delle donne e dei soggetti più deboli, svelando i casi di maltrattamento e perseguendo adeguatamente i responsabili.

Sui diritti delle donne, ma anche dei minori e di tutti coloro che subiscono discriminazioni, vogliamo andare avanti: i diritti fondamentali della persona devono essere affermati in maniera piena e completa a livello legislativo e devono diventare cultura e valori affermati, da cui far discendere nuove politiche sociali e forme di tutela.

CSU

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