Primo Maggio e Il Quarto Stato ai tempi del Covid19

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Il Quarto Stato è l’opera di Giuseppe Pellizza da Volpedo che capeggia su questo mio tributo a tutti i lavoratori d’Europa, in questa primavera del 2020 che sarà ricordata prevalentemente per le morti premature e asfittiche di tanti genitori e nonni ma non solo.

È un’opera maestosa di quasi tre metri per sei alla quale l’artista lavorò per oltre trent’anni terminandola nel 1901, molti anni prima del Futurismo e delle lotte sociali che videro contrapposti i “padroni” dell’epoca ai braccianti prima e agli operai poi.

Essa raffigura l’ineluttabile e allora inconsapevole cammino verso il capitalismo, che in appena un secolo ha saputo trasformare nel bene e nel male il Vecchio Continente e svilupparne di nuovi più di quanto la storia non avesse saputo fare nei precedenti mille anni.

Questo è stato possibile attraverso la ricerca e lo sviluppo di tecnologie che hanno drasticamente incrementato la capacità produttiva ed al capitale umano ancor prima che finanziario, creando un complesso meccanismo di carne e acciaio in grado di far girare il mondo a velocità futuristica, o almeno l’emisfero nord equatoriale di esso.

Quello stesso Leviatano che oggi, dopo appena tre mesi, barcolla davanti ad una piccola ed invisibile spora volatile capace di rimettere in discussione tutto. L’Unione Europea in primis.

Ma non voglio parlare di “lui”, del virus; da incompetente credo sia meglio tacere.
L’indifferenza, d’altronde, è il comportamento migliore da rivolgere a un nemico.
Proteggersi invece, quello si, ma in modo intelligente e per rispetto più che per paura, com’è doveroso fare da parte di coloro che come me sono i meno vulnerabili.

Sul perché e sul come già troppo si è detto con sommo gaudio dei telegiornali e di tutto il palinsesto che fanno ore di edizioni straordinarie da settimane ma che poi in definiva alimentano solo quel sottile e compiaciuto sadismo endemico che si prova di fronte ai colossali numeri dei contagiati, isolati o morti.
È una drammatica distorsione della democrazia che per il massimo sfruttamento di questo funereo sentimento i principali social network abbiano persino creato delle pagine informative sul virus. Ma si sa, la privacy serve solo a tutela di ciò che non si vuole far sapere.

Per chi ancora pensasse di trovare la cura sui social è bene farsi un bel gargarismo di realtà che purifichi il fetore delle putredini date alla bocca senza esser passate prima dal cervello, accettando serenamente il proprio buio in materia e dedicandosi invece a ciò che di buono ognuno di noi può fare:
Lavorare.

Lavorare su se stessi, lavorare sulla rassicurazione dei propri cari, lavorare sulla selezione delle informazioni e perché no, delle amicizie, lavorare su una nuova pianificazione del proprio tempo e delle priorità.

Come ogni Primo Maggio, in conclusione di questo saluto, mi rivolgo alla Repubblica di San Marino e in particolare ai miei concittadini lavoratori sammarinesi che stanno dimostrando tutta quella capacità e volontà sociale che mai è mancata nei momenti difficili della nostra storia millenaria.
Un apprezzamento anche alla politica sammarinese tutta, che una volta tanto non si è persa nella sterile querelle, ma che anzi ha dimostrato spirito unitario e pragmatismo, forse incentivata anche dal fatto che le ristrettezze economiche e l’emergenza sanitaria non abbiano consentito nemmeno per un secondo di pensare ad un lockdown totale delle attività produttive; ma lasciamole il beneficio del dubbio.

Un encomio sento di farlo poi all’Istituto per la Sicurezza Sociale, che a differenza del resto d’Europa che dichiara 600.000 contagiati contro i 30 milioni probabili, sta dando i dati reali potendo contare su confini e numeri esatti.

Infine, profonda stima e ammirazione per quei lavoratori, operatori sanitari e medici sammarinesi che come li definisce San Francesco si dimostrano degli artisti del sociale in quanto non lavorano solo con le proprie mani, non lavorano solo col proprio cervello, bensì lavorano con mani, cervello e cuore.

Buon Primo Maggio,
Siamo ancora noi tutti lavoratori, ognuno col suo compito, a sostenere la nascita un Quinto Stato Sociale, quello del ventunesimo secolo.

Francesco Chiari

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