“Lezione di umiltà”

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Se c’è qualcosa che questa pandemia ci ha insegnato e di cui dovremmo esserle grati, nonostante tutto, è di essere umili.

Fin da quando si è manifestata infatti i nostri sapienti hanno fatto sfoggio della loro superba sapienza facendo ogni sorta di affermazioni con grande sicurezza; ecco alcuni fiori: Roberto Burioni:”In Italia siamo tranquilli, il virus non c’è. Il rischio è zero, preoccupatevi dei fulmini“; Maria Rita Gismondo: “Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia“; Fabrizio Pulvirenti:”L’epidemia influenzale è ben più grave e diffusibile rispetto al Coronavirus”; Ilaria Capua: “Questo virus è molto meno aggressivo di tante infezioni che conosciamo“; Fabrizio Pregliasco: “È difficile che un soggetto asintomatico, contagi in modo significativo un’altra persona”; Matteo Bassetti: “Non bisogna fare nulla (per difendersi dal virus, ndr). Certo, non serve mettersi le mascherine”; Giovanni Di Perri: “Quello che stiamo affrontando è un fenomeno infettivo simile all’influenza: frequente e banale”; Giovanni Maga: “Nelle prossime tre settimane, gli infettati in Cina guariranno e quindi potrebbero azzerarsi i nuovi casi”; Massimo Galli: “L’avanzata a livello globale è molto bassa. In Italia il virus non si diffonderà“; Filippo Luciani: “Il Coronavirus è meno letale dell’influenza. L’emergenza finirà in pochi mesi”.

Quanto avrebbero fatto meglio a dire:” E’ un virus assolutamente nuovo, non ne sappiamo niente. Inizieremo immediatamente a studiarlo con umiltà ed impegno”. Questo avrebbe senz’altro salvato molte vite umane.

Ma, dietro a questa presunzione, si nasconde da parte dell’umanità un peccato di superbia ancora più grande: ritenere di essere i padroni assoluti della Natura, di poter gestire impunemente dei “wet market” come quello di Wuhan, in cui gli animali vivi vengono uccisi e macellati al momento della vendita con intuibili precarie condizioni igenico-sanitarie e la possibilità che agenti infettivi si possano propagare.

E questi sono i risultati. Sarebbe necessario che l’uomo, dal più saccente cattedrattico all’ultimo zotico, capisse che se è vero che Dio diede a Noè ed ai suoi discendenti il potere su ”tutto ciò che striscia sulla terra e tutti i pesci del mare” è altrettanto vero che è necessario che l’uomo eserciti questo potere con umiltà ed equilibrio. Invece una parte degli uomini, quando ha potuto, ha sempre cercato e continua ad imporre il proprio potere sugli altri esseri umani, prima di tutti la donna. Una parte del genere umano vive per la competizione con altri, per avere e dominare. Tutto ciò ha differenziato sempre più gli uomini in sfruttatori e sfruttati.

Questo nasce dal desiderio di riempire il vuoto dentro di noi, che si cerca di riempire con la smania di potere, a cui tuttavia si contrappone un incancellabile sentimento di vuoto esistenziale che vanifica ogni esaltante sensazione di onnipotenza, ma fa sentire tutta la nostra precarietà. Come giustamente afferma lo studioso Aldo Paliaga,” l’angoscia del nulla, l’“angoscia esistenziale” di cui tanti parlano, da Heidegger a Kierkegaard, nasce in buona parte dalla capacità di concepire il sé distinto dal tutto, separato e in confronto con il tutto esteriore, così come di concepire un nulla futuro e vedere, di fronte all’annientamento dell’esistenza, la morte come l’evenienza decisiva della vita.

Non si pensa per contro che il vero fattore di equilibrio dell’uomo, che lascia spazi di realizzazione, di scoperta e di gioia, è la capacità di mettere l’accento sulla vita (non sulla morte), sul “non vivere soli”, ma “con e per gli altri”. La tensione e la percezione del vuoto esistenziale, di solitudine e di impotenza, attiva il bisogno di compenso: il potere.

Questo ci fa capire come l’occasione della pandemia debba spingerci ad una vera palingenesi: dobbiamo recuperare il senso della fratellanza fra gli uomini ed anche l’umiltà verso il Creato.

Per quanto riguarda appunto la Natura dobbiamo cercare di rispettarla, cercando di comprenderne a fondo le leggi, così da trovare un bilanciamento fra le nostre necessità, ed il suo equilibrio, in modo da non distruggerlo. E’ necessaria una visione (ed un’azione) green; dobbiamo pertanto rivoluzionare il nostro modo di vivere; di produrre, di muoverci, di nutrirci, di usare gli oggetti, per cercare una piena ecosostenibilità.

Ecco dunque la ricerca di produzioni di energie ecocompatibili, di produzioni non inquinanti, di veicoli (non solo auto, ma anche gli aerei, di cui si parla poco) che rispettino l’ambiente, di riuso degli oggetti e di riciclo dei rifiuti.

La Natura infatti ha risorse infinite e ce le offre, se solo le chiediamo e le usiamo con amore e rispetto. Questa filosofia dell’amore deve essere anche la nostra guida nei rapporti interumani: gli altri saranno sempre disponibili a collaborare con noi, se siamo ambedue spinti da un desiderio di sincera collaborazione nel mutuo interesse e non di sfruttamento.

Questa è dunque l’eredità che il Covid ci lascerà e contemporaneamente l’impegno che ci chiede. Altrimenti, se penseremo sprezzantemente di conoscere e di poter sfruttare tutto e tutti, dovremo attendere crisi di questo tipo sempre più frequenti.

Gianluigi Pagano

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