Alain Delon, a Cannes fra applausi e lacrime

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Una giornata cosi’ non si dimentica facilmente, sembra il momento perfetto per uscire definitivamente di scena. Lasciando la sala dopo un tripudio interminabile di applausi di un pubblico commosso quanto lui, il mito del cinema Alain Delon il 19 maggio a Cannes era sopraffatto dall’emozione, piangeva a dirotto senza riuscire a fermarsi. Al braccio della figlia Anouchka che gli ha consegnato la Palma d’oro d’onore l’83 enne attore ha sussurrato quasi invocandole “penso a Mireille e a Romy”, riferendosi ai due piu’ grandi amori Darc e Schneider tra i tanti della sua esistenza.
“Ho pensato a questo premio come alla fine della mia carriera, alla fine della mia vita, un omaggio postumo” ha detto l’attore senza nascondere che la vecchiaia per lui leggenda del cinema “e’ un periodo difficile, davvero duro”. Il pubblico ha urlato ‘no no’ disapprovando l’addio e ha urlato ‘Alain, Alain’ ritmando le mani mentre lui alzava in alto il premio attribuito in passato a pochi tra cui Catherine Deneuve, Jean Paul Belmondo e in ultimo ad Agnes Varda. “Le star – ha detto – non nascono tali, sono persone ed e’ il pubblico a renderle delle stelle.
Per questo vi ringrazio con tutto il cuore per la mia vita e vi dico au revoir”.
“Un uomo antico, con dei valori, un uomo di un’altra generazione” ha detto la figlia rivolta al padre consegnando la Palma d’oro. “Sono fiera di te papa'”.

elebri. “Ho cominciato per caso, non avevo la vocazione come altri attori di quegli anni come Lino Ventura o Burt Lancaster o Jean Gabin. Mi ero arruolato, ero tornato dall’Indocina e non avevo ancora un lavoro. Mi salvo’ – racconta – una giovane attrice conosciuta in quegli anni, Brigitte Auber. Nel ’57, senza un film venni con lei per la prima volta a Cannes. Quando mi chiesero se volevo fare l’attore dissi che non ero capace, non avevo fatto alcuna scuola. Ma il regista del mio primo film, ‘Godot’, Yves Allegret mi diede la regola che mi hanno ripetuto anche i grandi e che poi ho seguito per tutta la mia carriera: non recitare guarda, ascolta, sii te stesso. Non fare l’attore, vivi. Ecco da quel momento ho vissuto tutti i miei ruoli”. Brigitte e’ la prima delle donne che Delon nomina, cita anche Romy Schneider, Monica Vitti, si commuove parlando di Annie Girardot. Tanti amori ma non solo, Alain Delon prima ancora che attore fa i conti con il suo fascino che e’ parte fondamentale della sua popolarita’ e della sua carriera: “devo tutto alle donne, ho fatto questa carriera per loro”, ammette. La bellezza inarrivabile dell’attore in quei film degli anni ’60 Delitto in pieno sole (1960), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), La Piscina (1969) per citarne solo pochissimi e’ un problema per lui stesso. In sala uno spezzone di Plein Soleil (Delitto in pieno sole), il thriller in cui interpreta Mr. Ripley, rilancia le immagini del fascino irresistibile del giovane Delon. Si riaccendono le luci, lui interrompe il rituale dell’incontro per alzarsi in piedi e dire alla platea: “E ora come fate a guardarmi come sono adesso?”. Racconta Delon di come Visconti proprio dopo aver visto quel film lo convoco’ a Londra, su suggerimento della sua agente di allora Olga che insisteva per proporre il suo cliente allora sconosciuto, e di averlo ricevuto mentre stava allestendo il Don Carlo al Covent Garden.
L’incontro fu felice e il regista italiano lo scelse per Rocco e i suoi fratelli, il primo film con cui Delon comincio’ una carriera internazionale e d’autore. L’attore piange, “non posso smettere scusate” dice citando la Girardot. Romy Schneider, il grande amore della sua giovinezza con cui a cavallo degli anni ’60 ha formato la coppia piu’ bella del cinema, resta per lui un tabu’, giusto un accenno a quando la impose per La Piscina (“era in un momento di crisi, dissi o la prendete o non si fa il film”), meglio non parlarne, meglio ricordare altro. Come “il mio cane che mi seguiva sempre sul set del Gattopardo” e infatti e’ nel film di Visconti , come “la nouvelle vague che mi aveva messo al bando, ma io sono andato avanti lo stesso”, come l’esperienza americana “bella ma la Francia mi mancava troppo”.
Dopo la premiazione, la proiezione di Mr.Klein, il film di Joseph Loy con cui nel 1976 Delon partecipo’ al festival di Cannes, un film “rischioso perche’ per la prima volta parlava al cinema del collaborazionismo francese sulla deportazione degli ebrei”, e’ l’occasione per ricordare la sua esperienza di ragazzino cresciuto in piena guerra. “Ho cominciato per caso, non avevo la vocazione come altri attori di quegli anni come Lino Ventura o Burt Lancaster o Jean Gabin. Mi ero arruolato, ero tornato dall’Indocina e non avevo ancora un lavoro. Mi salvo’ – racconta – una giovane attrice conosciuta in quegli anni, Brigitte Auber. Nel ’57, senza un film venni con lei per la prima volta a Cannes. Quando mi chiesero se volevo fare l’attore dissi che non ero capace, non avevo fatto alcuna scuola. Ma il regista del mio primo film, ‘Godot’, Yves Allegret mi diede la regola che mi hanno ripetuto anche i grandi e che poi ho seguito per tutta la mia carriera: non recitare guarda, ascolta, sii te stesso. Non fare l’attore, vivi. Ecco da quel momento ho vissuto tutti i miei ruoli”. Brigitte e’ la prima delle donne che Delon nomina, cita anche Romy Schneider, Monica Vitti, si commuove parlando di Annie Girardot. Tanti amori ma non solo, Alain Delon prima ancora che attore fa i conti con il suo fascino che e’ parte fondamentale della sua popolarita’ e della sua carriera: “devo tutto alle donne, ho fatto questa carriera per loro”, ammette. La bellezza inarrivabile dell’attore in quei film degli anni ’60 Delitto in pieno sole (1960), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), La Piscina (1969) per citarne solo pochissimi e’ un problema per lui stesso. In sala uno spezzone di Plein Soleil (Delitto in pieno sole), il thriller in cui interpreta Mr. Ripley, rilancia le immagini del fascino irresistibile del giovane Delon. Si riaccendono le luci, lui interrompe il rituale dell’incontro per alzarsi in piedi e dire alla platea: “E ora come fate a guardarmi come sono adesso?”. Racconta Delon di come Visconti proprio dopo aver visto quel film lo convoco’ a Londra, su suggerimento della sua agente di allora Olga che insisteva per proporre il suo cliente allora sconosciuto, e di averlo ricevuto mentre stava allestendo il Don Carlo al Covent Garden.
L’incontro fu felice e il regista italiano lo scelse per Rocco e i suoi fratelli, il primo film con cui Delon comincio’ una carriera internazionale e d’autore. L’attore piange, “non posso smettere scusate” dice citando la Girardot. Romy Schneider, il grande amore della sua giovinezza con cui a cavallo degli anni ’60 ha formato la coppia piu’ bella del cinema, resta per lui un tabu’, giusto un accenno a quando la impose per La Piscina (“era in un momento di crisi, dissi o la prendete o non si fa il film”), meglio non parlarne, meglio ricordare altro. Come “il mio cane che mi seguiva sempre sul set del Gattopardo” e infatti e’ nel film di Visconti , come “la nouvelle vague che mi aveva messo al bando, ma io sono andato avanti lo stesso”, come l’esperienza americana “bella ma la Francia mi mancava troppo”.
Dopo la premiazione, la proiezione di Mr.Klein, il film di Joseph Loy con cui nel 1976 Delon partecipo’ al festival di Cannes, un film “rischioso perche’ per la prima volta parlava al cinema del collaborazionismo francese sulla deportazione degli ebrei”, e’ l’occasione per ricordare la sua esperienza di ragazzino cresciuto in piena guerra.

Fonte e immagini ANSA

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