Difendiamo San Marino: Dossier sulla sanità

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Le recenti vicende riguardanti le difficoltà organizzative e gestionali della Cardiologia di Stato riportano il problema delle risorse umane in campo sanitario prepotentemente alla ribalta. Al netto delle polemiche politiche i fatti dicono (amaramente…) che gran parte della classe medica (quasi tutti sammarinesi), che doveva dare continuità ai servizi sanitari dopo la discutibile legge che obbliga i medici a pensionarsi al compimento del 65° anno di età, è andata persa. Questo è un dato incontrovertibile sia che lo si attribuisca alla precedente o alla più recente gestione politico sanitaria.

A noi pare che sia difettata innanzitutto una analisi stringente delle cause che hanno portato a tutto ciò:

1) Conflittualità fra la classe medica e gli apparati dirigenziali. La classe medica in questi anni si è confronta con il Comitato Esecutivo uscendone spesso con le ossa rotte: Le politiche dirigistiche finora attuate hanno prodotto come risultato che decine di professionisti con contratti stabili non si siano più ritrovati in questo ambito gestionale e si siano fatti da parte. Dire che i medici “fuggono” è ingiusto ma anche concettualmente sbagliato. I medici, soprattutto gli specialisti, sviluppano delle competenze elevate, con spesso molti anni di apprendistato e sacrifici personali importanti e hanno l’ambizione di vedersi riconosciuti questi sforzi, professionalmente ed economicamente. Negare questa evidenza è miope, così come sviluppare gran parte della polemica politica sulla stabilizzazione dei ruoli dei medici all’interno dell’ISS. Se ne sono andati moltissimi medici con contratto “a tempo indeterminato.

2) Si è spesso affermato che la libera professione rappresentava un sistema per fare in primis della casistica, che differenziava e gratificava la classe medica senza costare nulla allo Stato e mettendo un  tutti d’accordo. E’ notorio che il bacino di utenza limitato del territorio sammarinese non offre molte opportunità di evoluzione in particolare in alcune attività specialistiche e questa “intraprendenza” dei professionisti poteva ragionevolmente colmare un “gap” quantitativo e qualitativo con altre realtà.  Era dal1994 che si parlava di legge sulla libera professione ma fino al 2014 nessun provvedimento normativo l’aveva regolamentata in dettaglio. I risultati di quella riforma sono visibili oggi nella struttura ospedaliera e l’utenza può giudicare se oggi sia meglio di ieri.

3) Il ragionamento sulla libera professione ne porta dietro uno sulle risorse umane: quando la fuoriuscita di professionisti conosciuti e reputati dall’ISS ha cominciato a prendere forma di un esodo biblico, in una parte dell’opinione pubblica ed anche della politica ha cominciato a svilupparsi la convinzione che sarebbe stato facile reperire medici dai territori limitrofi magari “pagandoli 100 Euro in più” (parole pronunciate in Consiglio Grande e Generale) o facendo ricorso ai medici di Emergency (altre parole dette in Consiglio G. G.) o ancora facendo leva sulla bellezza  e salubrità del territorio (anche questa opinione espressa in Consiglio G.G.). Non è stato così. La mancanza di conoscenza sulle dinamiche che regolano la professione medica in questo tempo ed in particolare in Italia ha creato una situazione complicata. Spesso i “rimpiazzi” sono stati presi “obtorto collo” con contratti onerosi, di tipo libero professionale sostanzialmente a condizioni meno favorevoli. La riforma recente ha partorito gli ormai famosi “concorsi internazionali”. Se abbiano risolto l’emorragia medica è difficile dire: al momento registriamo che sono stati assunti due Ortopedici in un concorso per tre posti, che il concorso per un posto da Pediatra è andato deserto che il Fisiatra assunto con il concorso ha fatto richiesta di essere inquadrato con un contratto di convenzione e via così… Questo, fra l’altro, accade mentre pensionati italiani (che in Italia continuano a percepire legittimamente il vitalizio), prendano il posto, con lauti contratti, di pensionati sammarinesi ai quali è stato fatto divieto di proseguire l’attività, anche contro l’evidenza di capacità professionali difficilmente sostenibili, con aggravio sensibile dei costi di gestione.

II^ parte

4) Questione Ospedale: Gli organi competenti pochi anni fa hanno investito in un edificio giudicato dagli ultimi gestori obsoleto (vedi progetti per un nuovo ospedale, di cui ora non parla più nessuno); la sola ristrutturazione delle sale operatorie, con ritardi inenarrabili, modifiche di progetto, lievitazione dei costi, attrezzature invecchiate, confinate all’interno di soffitte, è stato motivo di ampia discussione ma poi finito nel dimenticatoio.

5) Questione finanziaria: Quanto costa la gestione sanitaria?

Il Bilancio della Sanità nel 2014 era di circa 62 milioni di euro, il Bilancio previsionale nell’anno prossimo, 2020, toccherà oltre 80 milioni di euro. Se questi sono i (drammatici…) presupposti economici analizziamo ora le prospettive complessive di sistema:

Senza voler emettere giudizi possiamo però legittimamente osservare che la gestione politica della risorse umane in campo sanitario abbia prodotto degli effetti visibili in termini di empatia e fiducia nel nostro Ospedale.

Un cittadino ammalato che perde continuamente il medico o lo specialista di riferimento può essere tranquillo? In 5 anni l’ortopedia ha rinnovato tre Primari e almeno tre volte la propria equipe, e così tutti i reparti hanno avuto importanti rimaneggiamenti del personale medico per arrivare allo sconvolgimento totale della cardiologia; alle difficoltà organizzative in pediatria e ginecologia. Ora si pone il problema anche dell’anestesia e rianimazione che vedrà presto aperto un nuovo bando di concorso per il pensionamento dell’attuale primario.

6) L’informatizzazione dei servizi doveva semplificare la vita del medico e del cittadino non complicargliela, ma come è stata realizzata? Se prima bastava una telefonata per avere una visita o un esame ora occorre la prenotazione specialistica e poi la prenotazione dell’esame, sommando così i tempi d’attesa e non per niente sempre più sammarinesi ricorrono a visite private all’interno e fuori territorio. Oggi ricorriamo in Italia per servizi essenziali come la cardiologia in cui eravamo autonomi e questo ci viene propinato come un valore aggiunto, ma su questo l’utenza può giudicare se sia meglio o peggio rispetto al passato.

III^ parte

7) L’accreditamento (di cui tanto si parla) rappresenta in sostanza la messa in idoneità del sistema sanitario con quello italiano, al fine di creare i presupposti di una vera reciprocità assistenziale. Non sarebbe male se fosse fra due soggetti alla pari, ma ci domandiamo cosa potremmo dare come contropartita all’Italia, visto che non abbiamo medici per coprire i nostri servizi e siamo debitori per 30 milioni di euro. Potremmo finire come nel vecchio progetto Caruso fra i satelliti dell’area vasta Romagna, perdendo autonomia gestionale! Le nostre strutture diventerebbero di utilizzo comune con l’Italia, con il rischio di doverci prenotare presso un CUP italiano e pagare un ticket sulle prestazioni?  Risolvendo sostanzialmente la crisi della nostra sanità facendola gestire ad altri?

Per salvare la sanità sammarinese dovremmo guardare meglio nel nostro territorio aprendo convenzioni alle strutture private permettendo la crescita di una imprenditoria, con creazione di posti di lavoro, contenendo i costi, presentando ai cittadini una più ampia scelta da chi farsi curare in territorio (che dovrebbe essere un diritto imprescindibile) senza esportare ricchezza all’estero, anzi creando  import con ricadute economiche positive.

Mentre mancano i medici nel pubblico, nel privato, con i medici ex dipendenti pubblici e i pensionati che hanno scelto di lavorare rinunciando al vitalizio (per una legge ingiusta), avremmo potenzialmente la possibilità di aprire un secondo ospedale!

Per noi lo scopo è quello di mantenere la nostra autonomia di Stato Sovrano e soprattutto di tener fede ai principi fondatori dell’Istituto di Sanità e Sicurezza Sociale, garantendo una sanità gratuita e di qualità per tutti i sammarinesi e gli aventi diritto.

Ci rendiamo conto come il mondo attorno al nostro Stato, stia viaggiando ad una velocità doppia di quanto noi facciamo in tutti i settori, ma non per questo l’Antica Repubblica di San Marino deve essere svenduta, anzi dobbiamo valorizzarne le peculiarità. Per fare questo occorre avere il coraggio di cambiare rotta e trovare una nuova via condivisa.

Sa Marino, 9 agosto 2019

Cs Difendiamo San Marino

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