I ragazzi dello zoo di bitcoin: droghe letali moderne

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La blockchain sta all’Iban come l’impressionismo sta ad un mosaico bizantino. Ma a differenza della delicata psichedelia impressionista il bitcoin ha tutta l’aria di essere la truffa del millennio, che tuttavia non si può considerare tale perché non ha nessun elemento oggettivo di una truffa. In genere tutte le criptovalute sono uno strumento di investimento trasparente. Hanno però come i quadri impressionisti, che fanno sentire chiunque un esperto di arte pittorica, la capacità di piacere ad un vasto pubblico di speculatori inesperti. Ma chi sono io per definire “inesperto” chi ha scoperto la terza dimensione dei codici cifrati? Loro, che stanno guadagnando come solo col traffico d’armi o di droga avviene, mi definirebbero un mosaico bidimensionale da latrina, incapace di capire in quale dimensione la finanza si stia distorcendo. Questo i più eruditi. I più beceri e deculturati mi bollerebbero con il termine “invidioso”, proprio perché non ho investito nemmeno un euro in questo nuovo e impalpabile mercato. Tranquilli, io non faccio testo, perché dopo aver studiato la finanza e la filosofia, in ordine sparso, non possiedo nemmeno azioni che non siano della mia azienda e trovo che tutta l’economia finanziaria creata senza avvitare nemmeno una vite, rimestare nemmeno un po’ di terra, o vendere nemmeno una cipolla, sia IMMORALE e crei la ricchezza di pochi sull’ingiustizia verso tanti. Tant’è vero che quando una data economia finanziaria concede di speculare ad un numero troppo ampio di persone diventa una bolla, che presto esplode, non prima però di aver consentito a chi realmente l’ha innescata di attuare un’exit strategy. Oddio, mica starò diventando comunista? Ma no, oggi le etichette politiche sono tutte comunque restrittive nel mondo globale nel quale quotidianamente ci dobbiamo smarcare. Preferisco, a 43 anni, definirmi un imprenditore equosolidale che pensa e crea un giusto rapporto tra impegno e guadagno in rapporto alle leggi e alla qualità di vita offerta da un dato paese o magari da una data Repubblica la quale mi ha messo a disposizione un’ottima base ma che poi dev’essere sostenuta e alimentata da ogni suo cittadino, ogni giorno, con impegno e devozione. Tornando alle criptovalute, la loro impostazione e aspirazione mi ricorda tanto la San Marino del famigerato ventennio 1980-2000, che io chiamo il periodo “poca spesa e molta resa” e che ha distorto la percezione di vita ad almeno due generazione: la mia e quella dei miei genitori. Ricordo perfettamente nel 1985 che bidelli, fornai, casalinghe, maestri e imprenditori, tutti chi più chi meno avevano il consulente finanziario, che poi altri non era se non l’impiegato di banca che aveva fatto un corso di 15 giorni a Milano, il quale come un pusher spacciava letteralmente azioni che in molti casi, dopo aver drogato tanti, sono diventate “bond – ezza” e allora si è ripiegato sul metadone delle obbligazioni, sicure ma in quanto tali con rendite ridicole. Insomma dopo 10 anni i più fortunati erano tornati a zero e gli sventurati avevano avuto ingenti perdite. Ebbene io sono così cocciutamente convinto che il valore del Bitcoin sia straordinariamente sopravvalutato che se ne avessi tenterei di vendere il future allo scoperto. Sono certo che non ci riuscirei perché una banca internazionale, fosse anche una delle principali, non sarebbe operativa, né direttamente, né tramite i suoi broker sul mercato dei future del Bitcoin. Ma per fortuna! –  dico io – perché vendere allo scoperto a 17.000 $ può farmi guadagnare al massimo 17.000 $ se il Bitcoin dovesse andare a zero. Ma, dato che il valore di 17.000 non ha senso, il Bitcoin può andare anche a 170.000 $ e allora la mia perdita da “scopertista” sarebbe di 153.000 $. Rischiare di perdere 153.000 $ per guadagnarne 17.000 non è razionale. Certo, razionalmente, le probabilità che il Bitcoin raggiunga i 170.000 $ sono a mio parere decisamente inferiori da quelle che vada a zero, ma questa è solo un’opinione razionale erroneamente utilizzata per valutare un mercato del tutto irrazionale, dove contano l’emotività e la psicologia di chi investe. Non per niente recentemente il Nobel per l’economia è stato attribuito a Richard Thaler per i suoi studi e approfondimenti sugli aspetti comportamentali nelle valutazioni di natura economica e finanziaria; degne di bullismo, aggiungo io. In finanza infatti Il ribassista è considerato un animale razionale per definizione, che non segue i sogni ma i ragionamenti e, prima di tutto, valuta i rischi. Sotto un profilo emotivo, essere al ribasso crea stress, essere al rialzo crea euforia. Se perdi al rialzo sei sfortunato e comunque tutti hanno perso e nessuno ne ride; se perdi al ribasso sei un’idiota sfigato, sei solo e tutti ti prendono in giro come a scuola fanno i bulli coi più deboli. È però tempo sprecato tentare di spiegare a una folla di investitori sempre più ricchi che il loro investimento non vale il prezzo segnato in borsa. In realtà lo vale, perché oggi, volendo, si può vendere e monetizzare. Anzi, i più potrebbero sostenere che i valori delle aspettative sulle criptovalute sono sottovalutati, perché, ragionevolmente, domani varranno più di oggi. Il Bitcoin a inizio 2017 valeva poco più di 500 $, oggi vale 34 volte tanto e nei giorni di bassa volatilità, guadagna circa il 100% sul prezzo di inizio gennaio. E allora la ricchezza arriva copiosa e a tutti piace arricchirsi, meglio senza lavorare e in tempi brevi. Solo l’azione dei ribassisti potrebbe interrompere questa spirale virtuosa e infinita di guadagno, ma un loro intervento non sembra nel breve termine né facile né probabile. Soprattutto non è fattibile. Il Bitcoin, come tutte le criptovalute, si basa su di un algoritmo e su di un sistema di scambio altamente efficiente, high tech, o meglio fintech. Termini incomprensibili per i più, che sollecitano sogni e fantasie tra le quali una delle più pornografiche è quella di mandare a casa tutti gli impopolari governatori delle banche centrali. Il ribassista può poco, poiché non esiste un vero mercato: Il solo Bitcoin, la criptovaluta più importante, ha una capitalizzazione globale di “soli” 300 miliardi di $, ma la Apple da sola ne capitalizza 900. A parer non solo mio, la vera genialità delle criptovalute sta nel fatto che sul mercato ne esistono centinaia, emesse in quantità limitate e non accrescibili, conseguentemente, mi piace auspicare, da fan dell’economia reale, che il crollo sarà innescato non da un normale meccanismo di mercato ma dal venir meno della fiducia degli investitori: ciò potrà accadere o quando la nuova domanda sarà inferiore all’offerta di chi oggi possiede criptovalute, oppure perché una delle migliaia di criptovalute incapperà in un qualche incidente che ne determinerà il crollo. A questo punto scatterà l’effetto domino, per cui gli stessi pecoroni che avevano sempre e solo comperato, inizieranno a vendere caoticamente per monetizzare i loro presunti guadagni prima che questi evaporino in un rapido puff di sostanza stupefacente finanziaria. E le autorità dei cosiddetti paesi sviluppati? Stanno alla finestra, lanciano warning ma non intervengono: troppo impopolare. E se poi qualcuno si scotterà in futuro, servirà da lezione a chi pensa di abbandonare la vecchia economia finanziaria che comunque non risparmia il 90% degli abitanti della terra. Quesi 6 miliardi di esseri umani sfiniti e sfrustrati ai quali quotidianamente scappa un urlo rivolto a quel Gotha finanziario chiuso nella stanza dei bottoni: ANDATE A LAVORARE PER DAVVERO!!!

Francesco Chiari

 

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