Elezioni del 20 novembre: speranze e veleni

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Il silenzio elettorale è calato sul Titano. Dalla mezzanotte di venerdì 18 e per tutta domenica 20, candidati e supporter sono obbligati al silenzio.

La campagna elettorale è finita, lasciando un retrogusto di delusione. Per tutti gli osservatori si è trattato di tre settimane di confronto piatto, senza sussulti, quasi di far play generalizzato. Fatta salva Banca Centrale, che è entrata a piè pari nella campagna elettorale, con le denunce del presidente Grais; la rimozione dei vertici Asset indagati per la vicenda “Re nero”; e la questione dei due miliardi di NPL, che fa tremare i polsi all’intero sistema politico – economico.  Fatto salvo lo sciopero dei dipendenti di One Gallery Outlet, il centro commerciale di Jarno Trulli, che dimostra ancora una volta – come se ce ne fosse bisogno – quanto l’appeal turistico ed economico della Repubblica sia ai minimi termini.  E fatte salve le tensioni, gli sgambetti, le ripicche che si sono consumate all’interno di alcuni partiti storici per via della preferenza unica.

Questa volta, infatti, si vota il candidato, forse prima ancora del partito. Effetto della preferenza unica, introdotta in conseguenza del referendum del maggio scorso. Una novità che sconvolge dalle fondamenta tutto il sistema elettorale, imperniato per tanti anni sulle famigerate “cordate”. Le sei preferenze, poi ridotte a tre, facevano in modo che ogni capobastone si portasse dietro i suoi gregari, disegnando la geografia del Consiglio Grande e Generale in una sorta di mosaico. Ognuno con il suo orticello, chi più grande, chi più piccolo, ma sempre in grado di spostare voti, nomine, decisioni.

Adesso, tutti i 260 candidati partono alla pari. Perfino le donne, che sono sempre state una porzione minoritaria della classe politica dirigente. Ma ci sono state critiche anche su questa presunta par condicio: i candidati più famosi, o con più mezzi, hanno avuto maggiore visibilità rispetto ad altri. E molti di questi altri hanno mugugnato non poco.

Non tutte le liste hanno lavorato spingendo la squadra, adottando linguaggi nuovi, idee e attività innovative per illustrare il proprio programma e per coinvolgere la popolazione. Qualcuno, in piena corsa, ha provato ad emulare i più giovani, ottenendo pietosi scimmiottamenti.

Ma su tutta la campagna elettorale ha aleggiato un preoccupante convitato di pietra: il conto Mazzini. Dopo che per due anni questo famigerato conto, fatto di libretti al portatore dentro cui venivano versate le tangenti e da cui hanno attinto politici di ogni partito; dopo che un’intera classe politica è stata decimata dagli avvisi di garanzia e dai rinvii a giudizio, per tre settimane tutti sembrano essersene dimenticati. Come se la questione morale non fosse mai esistita.

Chissà se ne ricorderanno gli elettori?

Secondo l’ultimo aggiornamento del settembre scorso dell’Ufficio di Stato Civile, sono 34.031 gli elettori di questa tornata, di 22.436 interni e 11.595 esteri. Molti scandali si sono consumati sul voto estero, con la pesante ingerenza dei partiti più grossi nel rimborso delle spese di viaggio. Pare che oggi tutto questo non sia più possibile. Pare…

Ma verranno a votare? Si dice che la maggiore affluenza ci sarà solo da parte delle comunità dislocate in territorio italiano, tutte elettrizzate dal recupero del voto di preferenza. Dagli USA e dall’Argentina arrivano solo voci di scontento. Si vedrà…

La soglia di sbarramento è fissata al 3,5 per cento. Circa 700 voti, forse qualcosa in più, dipende dalla percentuale di affluenza ai seggi. Ma anche se sembrano pochi, il rischio grosso c’è, soprattutto per le liste più piccole, anche se coalizzate.

Rimane solo una domanda: chi vincerà? Anche a San Marino ha preso spazio la moda dei sondaggi, commissionati evidentemente da forze politiche con grandi risorse, o dai loro sostenitori. Non ne hanno mai azzeccata una. Sono più affidabili i commenti di quelli che giocano a briscola al bar, in un sabato pomeriggio di pioggia. E ad ascoltare loro, il ballottaggio sarà inevitabile perché nessuna delle tre coalizioni sembra avere la forza di arrivare al 50 per cento più uno. Chi rimarrà fuori? Non ci avventuriamo in nessuna previsione, perché referendum ed elezioni ci hanno insegnato che le sorprese si consumano sempre all’ultima ora.

Angela Venturini

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