Giuseppe Roberti: il giudice Buriani si ricordi chi l’ha nominato

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San Marino. Il professor Giuseppe Roberti è diventato improvvisamente il personaggio del giorno. La sua memoria, portata in tribunale dai suoi avvocati difensori, pubblicata da tutti i giornali, ha fatto scalpore. Non era mai successo tanto clamore mediatico sulla sua persona. Forse ci sono novità. Intanto noi pubblichiamo la seconda parte in forma integrale.

In ordine alle dichiarazioni di Bruscoli Gianluca: non è assolutamente vero che il sottoscritto abbia gestito o filtrato tutti i rapporti di Bruscoli con la politica; in effetti Bruscoli era perfettamente autonomo ed aveva suoi rapporti politici personali che prescindevano da me. Neppure sono stato il filtro di rapporti d’affari tra Bruscoli e Gatti di cui ignoro esistenza e contenuti. A tal proposito mi limito infatti solo a far notare che io non sono certo quello che ha organizzato i suoi viaggi in Libia con Tito Masi, Stolfi ed altri, che non ero certo io il suo riferimento con Podeschi o la Mularoni ecc. Del resto quando il segretario di Stato Antonella Mularoni unitamente a Claudio Podeschi decisero la mia estromissione da BCS non ero certamente io presente agli incontri con gli stessi.

Con riferimento a BCS non sono stato certamente io, a differenza di come sostenuto da Bruscoli, a nominare tutte le cariche direttive; io proposi solo Malpeli, Pistillo ed il Gen. Cucuzza. Ad esempio il Dir. Gen. Benvenuto ed il responsabile ufficio crediti Paoloni sono entrati su indicazione rispettivamente di Alberani e Bruscoli; del resto io ero titolare solo del 5% delle quote mentre Bruscoli ed Alberani avevano ben l’80 %.Il rancore di Bruscoli nei miei confronti è spiegabile fra l’altro dal fatto che fui io a pretendere l’ipoteca sui beni della CASATI s.r.l. società riferibile a Bruscoli che aveva ottenuto dalla banca finanziamenti per svariati milioni di euro dapprima privi di alcuna garanzia. Inoltre il Bruscoli nei miei confronti è inadempiente in relazione alla cessione in suo favore delle mie quote (che non ha integralmente pagato).

Addirittura sorprendenti appaiono le dichiarazioni di Bruscoli (pag 762 proc. Pen. 306/10) in base alle quali avrei chiesto io a Bruscoli di finanziare, tramite FIN PROJECT, Stolfi per sue operazioni immobiliari. Ma Fiorenzi Stolfi non aveva già versato a FIN PROJECT mio tramite 400.000 che deteneva proprio in detta società? Che necessità aveva Stolfi di chiedere tramite me denaro a FIN PROJECT che a suo dire già aveva in deposito? È evidente che uno o l’altro o meglio entrambi, mal coordinati, mentono.

A Bruscoli poi veniva chiesto in occasione della sua audizione in data 23.12.2014 cosa fosse il libretto Collina e costui riferiva che non ricordava e che erano nomi che dava Roberti quando apriva i libretti (pag. 7624). A tal riguardo evidenzio come il Bruscoli fosse solito operare con libretti al portatore all’epoca del tutto leciti e di certo non gli mancava la fantasia per ideare nomi. L’anagrafica Mazzini, del resto, per quanto ne so, al di là delle successive movimentazioni sui singoli libretti per le quali veniva identificato nominativamente l’esecutore materiale dell’operazione, fu aperta proprio da Canuti su indicazioni di una dipendente di FIN PROJECT (tale Simona) che operava su istruzioni di Bruscoli, a mio avviso unico reale proprietario di FIN PROJECT.

Bruscoli inoltre dice di aver pagato la FINPROJET 800 milioni di lire consegnati alla DC attraverso me, circostanza assolutamente falsa; che la PRADOFJN gli è stata ma me regalata (assurdo e risibile) e che in una terza finanziaria da lui richiesta il suo ruolo sarebbe stato quello di fare il mio prestanome: tutte tali circostanze sono false, tutte bugie nello stile di Bruscoli. Tanto per fare un solo esempio nel suo interrogatorio a Pesaro dice al Commissario Buriani che i suoi rapporti con Stolfi erano conflittuali, FALSO. Attribuisce a Stolfi il fatto di aver preferito Amati per la carica di Ambasciatore di San Marino in Libia e che lui si dovette accontentare del ruolo di consigliere di ambasciata. Sottolineo a riprova della falsità delle affermazioni di Bruscoli che, come facilmente riscontrabile, la nomina di Amati e Bruscoli fu fatta da Gabriele Gatti segretario agli esteri e non da Stolfi.

Tengo a precisare infine che non ho mai tenuto la gestione dei libretti al portatore, i possessori dei quali si rapportavano direttamente con la banca di emissione.

Non ho mai intascato tangenti; nessun cittadino sammarinese ha perso un euro per mia responsabilità; ho percepito soltanto compensi derivanti dalla mia attività professionale.

In tutte queste vicende è forte la percezione di essere stato prescelto come capro espiatorio. Infatti sulla mia persona sono state scaricate responsabilità che non ho mai avuto.

Sul mio ruolo politico a RSM, tralasciando il ruolo da me avuto nel favorire rapporti di massimo livello fra la Repubblica di San Marino con la Repubblica Italiana, vorrei porre l’accento solo su alcuni fatti.

A metà degli anni novanta insistevo con i miei amici politici perché si attivassero per realizzare un piano di “ricostruzione” del Paese che definivo delle tre priorità. Sostenevo che l’università organizzasse corsi di alta formazione per inserire nell’economia e nei servizi giovani sammarinesi. Indicavo la realizzazione di una piccola piazza finanziaria. Suggerivo la promozione del paese come sede di convegni e conferenze internazionali. Tutto questo perché ritenevo impossibile che l’economia delle “manifatture” potesse continuare all’infinito.

Faccio una considerazione finale sul conto Mazzini. Allo stato dei fatti, il conto Mazzini non è l’inizio di una nuova era, non è la fine di tangentopoli perché a mio avviso i “poteri forti” sono ancora più forti.

Se il nuovo governo, se Simone Celli, col quale in passato mi sono confrontato insieme a Emilio Della Balda, vogliono veramente voltare pagina, potrebbero varare concordando col il tribunale, una legge che consentisse altri imprenditori e ai politici di testimoniare quanto a loro noto sulla tangentopoli sammarinese senza il rischio di ritorsioni personali, sono certo che potrebbero rientrare nelle casse dello stato dai 100 ai 300 milioni di euro in pochissimi mesi.

Senza necessità di indebitarsi con l’estero. Se si vuole incassare il denaro delle tangenti è possibile. Basta cercare la collaborazione della Svizzera e dell’Austria.

Mi chiedo come sia possibile che Buriani accrediti la posizione di Bruscoli contro di me, dopo averlo accusato di una infinità di reati. E’ incredibile che mi consideri complice di Bruscoli quando lo stesso Bruscoli non ha rispettato contratti firmati con me e con Germano De Biagi sulla cessione della Banca Commerciale e quando dopo avere complottato per la mia cacciata dalla banca non si facessero scrupolo nel non pagare assegni con importi stabiliti nel contratto di cessione delle mie quote, come può essere riscontrato da una verifica su Banca di San Marino, agenzia Domagnano.

Buriani dice che io, insieme ad altri, avrei utilizzato la mia supposta influenza su banca centrale per ottenere e vendere licenze. Tutte le licenze bancarie furono rilasciate quando la Banca Centrale non esisteva e la competenza era dell’Ispettorato per il Credito e Valute diretto dal Dott. Lo Perfido, persona a me completamente sconosciuta.

Il livore col quale Buriani si rivolge a me nell’ordinanza di arresto di Gabriele Gatti, testimonia l’irrequietezza interiore di Buriani che può mentire al mondo ma non a se stesso. Lui sa bene che quanto da me scritto nell’Esposto depositato in tribunale, è pura verità. È inconcepibile che si permetta di ridicolizzare la mia storia politica e personale. Grazie a Dio, lui può anche scrivere le sentenze che vuole, ma non può scrivere la storia.

Una pagina di quella storia dice che Buriani è magistrato a San Marino grazie al sostegno avuto più volte dagli “imputati” Marcucci, Menicucci, Roberti, Stolfi, ecc. con i quali ebbe un rapporto intenso e continuativo. Forse questo può apparire inutile alla mia difesa, ma lo dico perché sono certo che l’ingiusto, eccessivo accanimento soprattutto verso la mia persona, sia frutto del tentativo di minimizzare questa VERITA’.

Giuseppe Roberti

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