Fuga dei medici, docenti e bancari sul piede di guerra: cosa non va?

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San Marino. Non solo i soldi se ne vanno da San Marino, adesso anche le persone.  L’ospedale di Stato continua a perdere pezzi: medici che vanno via in cerca di migliori trattamenti contrattuali e pensionistici. Gli ultimi a fare le valige sono due dottori del reparto di cardiologia. A questi si è aggiunto, in questi giorni, anche l’ortopedico Piergiorgio Pirani che è legato all’Iss come consulente.
Cardiologia, pediatria, ginecologia e il pronto soccorso sono le sezioni dell’ospedale che hanno maggiori criticità in termini di carenza di personale. Ma sono sotto osservazione anche anestesia e ortopedia. È solo una questione di stipendi? Probabilmente no, visto che comunque in Repubblica il trattamento economico non è mai stato carente. Anzi. Da sempre la Repubblica è stata ricettacolo di chi era in cerca di una consulenza o di un rapporto di lavoro dopo il pensionamento. Allora c’è dell’altro. Cosa? Problemi organizzativi? Relazionali? Burocratici? Di prospettiva? Sta di fatto che il sistema sanitario, che è sempre stato un fiore all’occhiello, oggi rivela gravissime carenze. La gente racconta a ruota libera i mille problemi che incontra quando ha bisogno di rivolgersi all’ospedale, compresi gli sbagli, i ritardi, i disservizi, la latitanza del personale. Insomma, la malattia della sanità si vede e si riverbera sui cittadini. Basterà trasformare i medici in dirigenti? Ai più sembra solo una cura palliativa.

Ma non c’è solo l’ospedale a soffrire. In queste ultime settimane si sono aggiunti i bancari. La recessione unilaterale dai contratti integrativi è la punta dell’iceberg di un malessere molto diffuso. Finora, la crisi progressiva è stata affrontata in maniera riservata dai vari istituti con pensionamenti anticipati, riduzioni di stipendio purché venisse garantito il posto di lavoro, ristrutturazioni interne. Ma il bubbone potrebbe scoppiare con grande virulenza: primo perché i soldi non ci sono più, non girano più e nessuno viene ad investire. Quindi le banche sono in sofferenza, anche se in certe casi si vedono ancora spese folli e sprechi irrazionali. Il che fa arrabbiare ancora di più una categoria di lavoratori che, fino a poco tempo, ha goduto di immani privilegi, di sicurezze incrollabili, e che ora rischia il posto di lavoro come qualsiasi altro lavoratore. O forse anche di più. Il segnale che dovrebbe arrivare da Banca Centrale, con una profonda riforma interna capace di eliminare costi e sprechi, di ridarle vera efficienza e rigore, purtroppo ancora non si vede.

Poi sono arrivati i docenti. Chiedono ascolto. Ma è la prima volta che escono allo scoperto con note diramate ai giornali, con raccolte firme e continue riunioni sindacali, una serie di azioni che dimostra anche in questo caso un disagio dilagante. Il linguaggio usato è ancora moderatamente diplomatico, ma chiunque può intuire che la febbre sta salendo e che non si sa dove potrà arrivare. Un altro gioiello del sistema paese, come la scuola, che rischia di vedere la sua luce appannarsi. Attaccato a questo, c’è tutto il problema del settore culturale e artistico, che ha sempre portato avanti proposte culturali e calendari che riempivano le estati di iniziative di alto livello, a corredo e ad arricchimento del calendario istituzionale, e che ora soffrono di mancanza di aiuto. Non ci sono i soldi! O meglio, ci sono solo per qualcuno. Come se arte e cultura si potessero nutrire solo di privilegi. Che tristezza! E così c’è qualcuno che han appeso la chitarra al chiodo. O va a fare cultura e spettacolo dove è meglio apprezzato.

 

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