Chi comanda a San Marino?

Come è possibile che organi diversi dal Consiglio Grande e Generale si arroghino il diritto di emanare leggi, invertendo l’ordine dello Stato?

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Chi comanda a San Marino?
Come è possibile che organi diversi dal Consiglio Grande e Generale si arroghino il diritto di emanare leggi, invertendo l’ordine dello Stato? Ciò accade quando la politica abdica al suo ruolo e lascia il potere in mano ad altri

San Marino. Quando ci sono troppe notizie, si rischia che qualcuna, molto importante, passi in sordina e nessuno ci faccia caso.
Si tratta della sentenza emessa lo scorso 15 aprile dal Collegio dei Garanti per la costituzionalità delle norme, il quale, a seguito di una lunga e dotta disquisizione, ha invitato il Consiglio Grande e Generale a legiferare, entro sei mesi, per istituire un giudice speciale che abbia competenza sulle controversie giudiziarie tra i giudici. Nel frattempo è stata disposta la sospensione, sempre di sei mesi, dei procedimenti riuniti in cui, effettivamente, sia la parte lesa, sia l’accusato, sono magistrati, colleghi di lavoro del Commissario della Legge giudicante.
Qualora il potere legislativo, non legiferasse in materia, entro i termini indicati, il Collegio Garante si riserva la facoltà di decidere dettando provvisoriamente la norma mancante, nell’udienza già fissata per il prossimo 28 ottobre.
Questa disposizione pone due ordini di problemi, entrambi gravissimi, sottolineati in comma comunicazioni durante la recente sessione consiliare, ma senza ottenere nessuna rilevanza dalla stampa. È da queste considerazioni che traiamo il nostro ragionamento.
Allora, un giudice scrive al Collegio per dire che, dovendo giudicare su un altro giudice, dovrebbe astenersi perché è suo amico e collega, e la legge stessa gli impone di astenermi. Ma nel suo ricorso, avverte che non si asterrà, perché altrimenti tutti gli altri giudici dovrebbero astenersi dal giudicare cause similari. Pertanto, chiede al Collegio Garante di verificare se non sia il caso di nominare dei giudici che giudichino solamente sui giudici. Per altro, si tratta di una figura che esiste già: è il giudice per la responsabilità civile dei magistrati. Lo scrivente va oltre, perché chiede che questa nuova figura giudicante debba avere anche la possibilità di fare il penale, perché nella fattispecie c’è un caso penale.
Se così fosse, occorre cambiare venti articoli del Codice di Procedura Penale (legge qualificata, che abbisogna di 39 voti). Bene: il Collegio Garante dice che bisogna andare in quella direzione.
Qui si innesta un altro problema: l’articolo 15 della Carta dei Diritti (che è la nostra Carta Costituzionale) stabilisce che nessuno possa essere giudicato da un giudice nominato successivamente al momento in cui è avvenuto il fatto. Si verifica quindi la situazione per cui un giudice, per sentenza del Collegio Garante, non può più essere giudicato da un giudice ordinario ma allo stesso tempo non potrà più essere giudicato dal nuovo organismo perché è stato nominato dopo che lui ha commesso il presunto reato.
In questo modo, viene stabilita la non perseguibilità e la non punibilità dei giudici.
E questo è il primo aspetto gravissimo conseguente all’ordinanza. L’altro si ascrive in quel meccanismo democratico vigente in tutti i Paesi, dove i diversi organismi istituzionali e i tre poteri dello Stato sono regolati da pesi e contrappesi affinché ciascuno, nella propria autonomia, non sopraffaccia gli altri. Ci limitiamo a considerare dunque il Consiglio Grande e Generale, organo legislativo per eccellenza, a cui è demandata la promulgazione delle leggi, mentre al Collegio Garante è demandato il compito di verificare che queste leggi rispettino i principi costituzionali. Quindi: può il Collegio arrogarsi il diritto di emanare una legge, quantunque temporanea? Con quale potere ne stabilirà la vigenza? Come potrà il tribunale giudicare in base ad una legge che non è legge?
In questi ultimi due anni abbiamo assistito ad altre aberrazioni: il Collegio che giudica in aperto contrasto alle indicazioni politiche unanimi del Consiglio (è il caso dell’art.199 ter); la maggioranza consiliare che ricorre contro le decisioni del Consiglio e dell’UDP (è la questione della pubblicazione dei verbali della Commissione Giustizia); abbiamo visto cambiare una legge qualificata con un emendamento di rango inferiore. Esempi che valgono la storia di questa legislatura. Ma ce ne sono altri.
Allora la domanda è una sola: come è possibile che tutto ciò possa succedere? Cioè che venga invertito l’ordine dello Stato? C’è solo una risposta a questa domanda: ciò avviene quando la politica abdica al suo ruolo e lo lascia in mano ad altri. Imprenditori? Tribunale? Ciascuno scelga la risposta che più gli aggrada. Noi, semplicemente, ci rifacciamo ad una massima di Cicerone: “Il buon cittadino è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretende d’essere superiore alle leggi.”
a.ve.

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