Calcio Femminile: la nuova vita calcistica di Paganelli e Lanotte

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Due punti fermi del gruppo che lo scorso 5 maggio festeggiava la storica promozione in Serie B, hanno dato l’addio al calcio giocato. Lo hanno fatto per motivi diversi, ma in comune c’è l’approdo ad un ruolo di responsabilità, sempre in seno alla San Marino Academy. Elisa Paganelli e Francesca Lanotte sono ora – rispettivamente – Team Manager della Prima Squadra e Responsabile Organizzativa del settore giovanile. La prima continua anche ad occuparsi delle bimbe del settore di base, come allenatrice. La seconda ha più un ruolo d’ufficio, organizzativo appunto. Ma a legarle c’è la stessa passione, lo stesso spirito che le spingeva a dare il massimo sul rettangolo verde.  Approfittando della pausa del campionato di Serie B e di quello Primavera, abbiamo rivolto loro qualche domanda.

La vostra ultima stagione da giocatrici è culminata con una promozione che in casa Academy è storia: insomma, ci sono addii peggiori.

P: È stata un’annata speciale e chiuderla in questo modo è stato ancor più bello. Avevo deciso ad inizio anno che sarebbe stata la mia ultima stagione ma non pensavo sarebbe andata a finire così bene. E mi fa particolarmente piacere averla trascorsa assieme a Francesca, già mia compagna ai tempi del Castelvecchio. Ci siamo ritrovate giusto prima di concludere le nostre carriere. Porterò di questa stagione solo bei ricordi.

L: Una stagione davvero bella ed entusiasmante, al di là della promozione. Da essa è dipesa la mia scelta di rimanere a San Marino anche quest’anno, seppur in altre vesti. Mi ha fatto particolarmente piacere ritrovare Elisa, con la quale ho un ottimo rapporto fin da quando eravamo compagne di squadra a Castelvecchio. Per tutto l’anno è stata un vero punto di riferimento all’interno dello spogliatoio.

La voglia di tornare in campo torna a farsi sentire?

P: Meno di quel che pensassi. Credevo che non sarei riuscita a stare ferma, invece adesso mi piace osservare da fuori, prendere spunti da quel che vedo, imparare. Si vede che era proprio arrivato il momento di smettere.  

L: La risposta è sì. Per fortuna, insegnando educazione fisica a scuola, il modo di giocare lo trovo sempre. E poi ci sono le situazioni extra lavorative, come il calcetto della domenica con le amiche.

Vi occupate entrambe del settore giovanile: esiste, presso le giovani calciatrici sammarinesi, il “mito” della Prima Squadra?

P: Devo dire che negli ultimi anni ho visto crescere il fil rouge che lega le due realtà. In precedenza io, Valeria Canini e Jessica Guidi eravamo sia allenatrici del settore giovanile che giocatrici della Prima Squadra, e quindi rappresentavamo per le bambine un modello da imitare, o comunque un traguardo da raggiungere. L’attrazione esercitata dalla Prima Squadra si è naturalmente amplificata con la promozione in Serie B, specie presso le ragazze più grandi.

L: Sono qui da poco, ma secondo me ancora no.  Il fatto che la Prima Squadra giochi un campionato di livello nazionale gioverà sicuramente, ma per il momento il legame tra settore giovanile – specialmente quello di base – e Prima Squadra non è così forte. Per questo, assieme a Valeria Canini (Responsabile Tecnico del settore giovanile, ndr), stiamo studiando iniziative che rinforzino questo legame e che invoglino le nostre bimbe ad andare a vedere le partite delle ragazze più grandi. Un tempo c’erano giocatrici che erano anche allenatrici e questo aiutava a tenere unite le due realtà. Adesso stiamo cercando di fare lo stesso coinvolgendo elementi importanti della Prima Squadra come Piazza e Barbieri.

Il lavoro con le piccole calciatrici ha qualche specificità rispetto a quello con i piccoli calciatori?

P: Quello che cambia è il rapporto con i genitori, che ancora faticano un po’ a vedere la propria figlia su un campo da calcio. Convincerli che si tratta di uno sport “adatto” ad una bimba, e che una volta scesi sul rettangolo verde si è tutti uguali, è ancora uno degli scogli più duri da affrontare. Per quanto riguarda il rapporto allenatrice-allieva, la differenza più importante sta forse nella grande quantità di affetto che le bimbe riservano alla loro istruttrice. Parliamo di vagonate di coccole e abbracci. Inoltre ho notato che le bambine, specie le più piccoline, tendono a prestare più attenzione rispetto ai coetanei maschi quando l’allenatrice spiega.

L: Secondo me una differenza importante riguarda la cura del gesto tecnico. I bimbi iniziano prestissimo a giocare a calcio ed allenano più a lungo le capacità tecniche, sfruttando anche i benefici di un’età molto sensibile in questo senso. Le bimbe invece iniziano dopo, in genere verso i 9 anni. E quindi c’è bisogno di aumentare l’attenzione al gesto tecnico per ricucire questo “gap”.

In Italia il Mondiale ha dato una grossa spinta sul fronte delle iscrizioni. A San Marino è successo qualcosa di simile?

P: Ci aspettavamo qualcosa di più, se devo dire la verità. In Italia l’impatto è stato sicuramente più forte, e lo vedo anche nella vicina Rimini. Noi abbiamo avuto nuovi ingressi, certo, ma non l’ondata che ci attendavamo. Magari è solo un po’ in ritardo.

L: Direi di no. Grazie ad iniziative come Sportinfiera, e grazie al passaparola, il numero di iscrizioni è stato molto buono anche quest’anno, però non si è verificato un vero e proprio boom. Certo, il Mondiale ha aperto una finestra importante, ha dato consapevolezza ai genitori che esiste un’opportunità in più per le loro figlie. Ma l’esplosione di cui si parla in Italia da noi non si è verificata. Per adesso.

Prima Squadra e Primavera frequentano ormai la parte alta della piramide calcistica italiana.

Cosa è richiesto fare per mantenersi a questi livelli?

P: Senza dubbio sono indispensabili l’impegno ed il lavoro di tutti: società, staff, ragazze. E non deve mai mancare una forte passione. Specialmente le atlete più giovani devono entrare subito nell’ordine di idee che occorre fare sacrifici se si vuole giocare ad alti livelli. Questo vale per il calcio come per qualsiasi altro sport.

L: Agli staff tecnici sono richiesti una cura estrema dei particolari, un aggiornamento continuo e una preparazione minuziosa delle gare, anche tramite lo studio degli avversari.  Le ragazze devono invece mantenere un atteggiamento da atlete a 360 gradi, quindi avere grande cura del fisico e della mente. Proprio per questo è stata messa loro a disposizione, in maniera stabile, la figura del nutrizionista.

Tornando alle vostre carriere: ora che avete fatto il grande passo, dove vi piacerebbe arrivare?

P: Non penso al futuro: già questa chiamata è stata per me un fatto inaspettato, anche se coerente con i miei studi universitari. Per adesso penso solo a godermi questa esperienza cercando di dare il meglio di me.

L: Il ruolo che ricopro mi va più che bene. Mi viene richiesto di occuparmi di molteplici aspetti connessi al calcio, lo sport che amo, ed è una bellissima opportunità per me. Magari un domani mi piacerebbe tornare ad allenare.

FSGC | Ufficio Stampa

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