Riforma previdenziale, la CSU contraria all’abbassamento delle pensioni

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San Marino. Abbassare drasticamente il livello delle pensioni non è la soluzione alla necessità di riformare il sistema previdenziale. È stato questo l’altolà della CSU al tavolo della riforma pensionistica e convocato nei giorni scorsi dalla Segreteria di Stato per la Sanità. “Un incontro dove i dati e le proiezioni che sono state presentate delineano un quadro complesso e preoccupante sulla sostenibilità economica del nostro sistema pensionistico”, spiegano i Segretari Generali Giuliano Tamagnini (CSdL) e Riccardo Stefanelli (CDLS), che ancora una volta sottolineano come “i ritardi e le sottovalutazioni dimostrate negli anni abbiano aggrovigliato il nodo pensioni”. I Segretari CSU hanno quindi messo in chiaro che il tema previdenziale è a pieno titolo “un tema di natura contrattuale, e che durante il processo di riforma le organizzazioni sindacali devono essere il principale interlocutore”.

Di fronte agli scenari attuariali presentati in questo avvio di confronto, Tamagnini e Stefanelli hanno quindi affermato che l'”approccio riformatore non può essere di tipo ragioneristico, perché la semplicistica ricerca di soluzioni tecnico-contabili rischia di provocare pesanti contraccolpi sociali e politici. In altre parole: la riforma pensionistica non può trasformarsi in una “manovra draconiana”, con il risultato di produrre una generazione di futuri pensionati a basso reddito.

Per la CSU il tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra la pensione e l’ultimo stipendio, deve restare dentro un equilibrio accettabile, sia per chi è già in pensione, sia per chi ci andrà in futuro. Non dimentichiamo che la riforma previdenziale del 2011, la quale ha introdotto una ritenuta di solidarietà dalle pensioni più alte a favore delle pensioni più basse, tuttora in essere, prevede che chi entra ora nel sistema pensionistico ha un tasso di sostituzione, per quanto riguarda il primo pilastro contributivo, pari al 60%; pertanto, non partiamo da una situazione completamente squilibrata.

Non si può avere la pretesa che la riforma previdenziale duri per molti anni, stanti i continui cambiamento dell’assetto economico e sociale. Gli stessi esperti sostengono che le riforme pensionistiche hanno bisogno di interventi di assestamento ogni 5/6 anni, per adattarsi alle mutate condizioni economiche ed occupazionali, agli andamenti demografici e alla durata media della vita.

La CSU ha ribadito che il secondo pilastro deve diventare parte integrante del sistema di copertura pensionistica, e pertanto va rinvigorito, attraverso investimenti altamente renumerativi, superando quello che il referendum ha determinato, ovvero la possibilità – molto limitante e penalizzante – di investire le risorse di Fondiss unicamente a San Marino.

CSU

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