Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso. Proviamo a cambiare questo paese!

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Compagne, compagni, gentili ospiti,

rivolgo un saluto a tutti voi che partecipate a questo 19° Congresso della Confederazione Sammarinese del Lavoro.

Prima di affrontare le tematiche del dibattito congressuale, vorrei esprimere un pensiero in ricordo dei compagni ed amici che ci hanno lasciato in questo mandato, tra cui i lavoratori che hanno perso la vita sul lavoro: Moris Gjezi, di soli 34 anni, e Salvatore Bertucci, di 55 anni. Per ricordarli propongo di osservare un minuto di silenzio.

Il percorso che si conclude con questo 19° Congresso ha visto la partecipazione di migliaia di persone tra lavoratori e pensionati, con circa 140 assemblee sui posti di lavoro e la elezione di 347 delegati. Gli stessi Congressi di Federazione hanno dato vita ad un dibattito appassionato, con tanti qualificati interventi, a dimostrazione della vitalità, del forte senso di appartenenza alla nostra organizzazione e del grande interesse verso le sorti del paese. Le elezioni dei nuovi organismi direttivi hanno dato vita ad un significativo rinnovamento.

Mi piace partire dalla parola d’ordine del Congresso, “#INSIEMEper”: abbiamo voluto significare la necessità di tenere unito il paese, mettendo insieme tutte le forze democratiche sane e vitali, per costruire un progetto sociale ed economico che ci possa traghettare verso le sponde di un futuro migliore. Un modo per dire basta alla litigiosità e allo scontro frontale che le forze politiche stanno producendo. Scontro che ha trasformato l’avversario politico in nemico da abbattere a tutti i costi. Insomma, un vero e proprio clima da caccia alle streghe!

La politica, che crea una emergenza al giorno e per dividere cerca il nemico in tutti coloro che non la compiacciono, porterà il paese verso il baratro. L’emergenza e il sensazionalismo sono creati ad arte per avere la scusa di fare da soli. Il paese si salva solo se rimane unito e coeso, e con il contributo di tutti.

Unità, che la piazza gremita durante lo sciopero generale del 30 maggio scorso ha chiesto a gran voce, assieme ad una forte richiesta di verità e trasparenza sulle tante zone oscure che ancora attraversano il paese, ad iniziare dalla situazione del sistema bancario e dalla ancora non risolta questione morale.

Spesso abbiamo riflettuto sugli esiti di quella grande mobilitazione civile e democratica e sui risultati prodotti. La piazza chiedeva più partecipazione e il Governo ha continuato a non dare risposte. Ma una risposta c’è stata nella realtà; non è stata quella del Governo, ma è stata quella dei poteri mafiosi, con qualche regista politico, poteri che hanno tentato – senza riuscirci – di gettare fango sul sindacato unitario ed i propri dirigenti, accusandoli vigliaccamente di collusione con i vecchi poteri e di corruzione tramite lettere anonime dalle improbabili firme.

Tutto questo è stato trasmesso alla Magistratura e ci auguriamo che molto presto vengano assicurati alla giustizia, oltre che gli esecutori materiali, i mandanti che hanno dimora nei luoghi più bui dell’economia nera di questo paese e in certa politica.

L’AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA

E a questo proposito, colgo l’occasione per esprimere totale e incondizionata solidarietà a tutta la Magistratura, non solo alla maggioranza di essa. In tal senso abbiamo avuto l’impressione che la stessa Magistratura sia stata sfiorata, quando non brutalmente attaccata, dalla politica, che ha cercato, e sta ancora cercando, di condizionarne l’operato.

Occorre dire basta a tutti i tentativi di interferenza verso il terzo potere dello Stato, che deve continuare in piena autonomia a svolgere il proprio ruolo e a ripristinare condizioni di piena legalità e moralizzazione della politica, dell’economia e della società. Moralizzazione, sottolineo, che la politica non è stata capace di realizzare dal proprio interno; non basta aver cambiato nomi, contenitori e qualche dirigente per non dovere più fare i conti con il passato e le proprie responsabilità.

Ribadiamo anche in questa sede la nostra soddisfazione per la conclusione, nel luglio dello scorso anno, del processo di primo grado sul conto Mazzini, che ha portato alla condanna con pene severe di diversi personaggi, tra cui anche esponenti di primo piano del panorama politico sammarinese.

Sentenze che hanno messo in luce le gravi responsabilità di queste figure,  accusate di reati molto pesanti, tra cui riciclaggio e associazione a delinquere, che hanno creato un sistema ramificato di corruzione e collusione tra politica e affari, il quale ha permeato gran parte dello stesso tessuto politico sammarinese. Ciò ha dimostrato la forte determinazione della Magistratura sammarinese nel voler scoperchiare questo perverso intreccio tra politica e malaffare.

Alla Magistratura chiediamo di andare avanti per portare a temine questa operazione di pulizia su tutti, e sottolineo tutti, i filoni di indagine aperti  a tutt’oggi.

I RAPPORTI CON IL GOVERNO E LA POLITICA

Sul piano generale, come sappiamo i problemi che dobbiamo affrontare sono davvero tanti. Se il precedente Congresso lo abbiamo svolto in una fase di grande turbolenza, ora ci troviamo nel bel mezzo della tempesta vera e propria.

Gli ultimi due anni, dall’inizio dell’attuale legislatura, sono stati caratterizzati da rapporti particolarmente difficili con il Governo. La nostra continua richiesta di confronto vero si è sempre scontrata con un muro; nei tanti, ma inutili incontri, l’Esecutivo perlopiù si è limitato a comunicare le proprie intenzioni, tenendo in ben poca considerazione le nostre proposte e posizioni.

E ciò avviene proprio in una fase storica così difficile, che richiederebbe il massimo di partecipazione alle scelte, attraverso il metodo democratico della concertazione. Infatti, le decisioni che verranno prese e le riforme che saranno approvate, per la loro importanza strategica, avranno ricadute che si ripercuoteranno almeno nei prossimi due decenni; pertanto è impensabile che la sola compagine di maggioranza possa essere in grado, da sola, di sopportare un peso così gravoso.

Voglio precisare che la posizione, oramai storica della CSdL, secondo la quale in conseguenza di gravi problemi strutturali che attanagliano le istituzioni democratiche e l’economia di San Marino, sarebbe necessario il contributo di tutte le rappresentanze parlamentari e di tutte le forze sociali, non vuole dire mandare a casa questo Governo; significa invece assumersi una importante responsabilità verso il paese, che non ne può più di continui scontri e di decisioni prese nel chiuso dell’aula parlamentare con i soliti 32 voti, che non hanno più nessun rapporto con il paese reale. Al sindacato non compete dare giudizi sui governi, ma sul loro operato sì! Senza ombra di dubbio posso affermare che l’operato di questo Esecutivo è totalmente fallimentare rispetto alle premesse iniziali.

I Governi nascono e muoiono in Parlamento; quindi, nel bene o nel male, è lo stesso Parlamento a dover prendere le decisioni più utili per il bene del paese. Il Governo sembra colpito da sindrome da accerchiamento; se ormai l’intero paese vi sta dicendo che qualcosa non va, non è che forse state sbagliando voi! Ma il continuo scontro, il volere vedere il nemico in tutti coloro che si pongono in un’ottica di non condivisione di certe politiche, comincia a minare seriamente le stesse basi della convivenza democratica, e per questo vi diciamo ancora una volta: FERMATEVI!

Dallo scorso febbraio abbiamo chiesto al Governo di istituire un tavolo di confronto che fungesse da regia politica generale e costruisse un progetto condiviso, da cui far discendere scelte concertate sui singoli argomenti. Ma questa richiesta di fondo è caduta nel vuoto, e tuttora assistiamo ad un metodo di governo unilaterale e autoreferenziale.

Quella che ha messo in piedi il Governo per sanare le gravi condizioni del bilancio pubblico, è una politica di austerity all’insegna dei sacrifici per i lavoratori e per i pensionati, con una serie di tagli e di riduzioni dei diritti, senza un benché minimo segnale di equità fiscale per stanare gli evasori. Quella imboccata è una strada senza uscita, che non potrà che peggiorare la situazione e avviare il paese verso una pericolosa deriva di recessione e depressione economica.

La CSdL proseguirà nella propria battaglia democratica a sostegno del dialogo e del confronto. Se non saremo ascoltati continueremo a lottare con tutti gli strumenti legittimi a disposizione, ivi compreso lo strumento del referendum istituzionale, mai usato da noi prima d’ora, ma se costretti dalla totale chiusura di qualunque Governo, non esiteremo a farvi ricorso.

IL MODELLO DI SVILUPPO

Le nostre richieste partono innanzi tutto dalla necessità di un piano di sviluppo serio, innovativo e lungimirante, che abbia come perno l’economia reale dove l’industria produttiva di beni e servizi ad alto contenuto tecnologico e la ricerca siano i punti di forza. Quel settore, cioè, che oltre ad avere retto all’urto della crisi, ha avuto anche la forza di continuare ad investire le proprie risorse per creare nuova occupazione, permettendo al paese di restare ancora in piedi.

La CSdL ha elaborato già da 10 anni un ottimo progetto di sviluppo per San Marino, che è rimasto lettera morta perché nessuno lo ha considerato. Non entrerò nel merito, non ho tempo oggi; provate a rileggerlo, quella è l’idea di economia che la CSdL ha per San Marino.

Ma della necessità di consolidare e sviluppare questo settore, attirando nuovi investitori virtuosi, non abbiamo trovato la benché minima traccia nel Piano di Stabilità Nazionale predisposto dal Governo, che ha tracciato coordinate di sviluppo basandosi su settori importanti, come le banche, che sono nello stato che conosciamo, del turismo e del commercio, che hanno però una forte necessità di essere riqualificati su un piano altamente qualitativo e non in concorrenza con il circondario.

Non possiamo pensare che il solo “Polo del lusso”, un investimento certamente importante, che sta programmando la formazione da solo con il Governo, senza i lavoratori, possa essere l’unica soluzione alla domanda di occupazione dei tanti cittadini senza lavoro, e in particolare delle donne – la maggioranza dei disoccupati – per le quali i soli incentivi introdotti non hanno migliorato la situazione.

E a proposito di occupazione, i dati dimostrano il fallimento della cosiddetta legge sviluppo, che ha completamente liberalizzato le assunzioni, introducendo al contempo un aggravio per le imprese del 4,5% per le nuove assunzioni di personale forense: su 700 nuovi assunti nel luglio scorso, sono solo duecento i sammarinesi e residenti. Le assunzioni peraltro non sono avvenute per merito della legge, ma grazie agli investimenti delle aziende dei settori produttivi.

Da parte nostra rinnoviamo la richiesta di correggere la legge, superando la totale liberalizzazione delle assunzioni e cancellando questa ignobile tassa aggiuntiva per l’assunzione di lavoratori non residenti. In questo contesto, ribadiamo comunque la nostra soddisfazione per la norma sulla stabilizzazione del rapporto di lavoro dei lavoratori frontalieri, un obiettivo storico che la CSU ha perseguito per decenni.

IL BILANCIO PUBBLICO

Oltre a tutto ciò, lo sviluppo del paese non potrà ripartire se non si trovano soluzioni efficaci e condivise al dissesto del sistema bancario, che in questo momento rappresenta il problema dei problemi. Infatti, il paese rischia, come non mai nella sua storia recente, di essere sommerso dalla crisi delle banche e dagli effetti di questa sul bilancio dello Stato, e quindi sulle prospettive di tutti noi cittadini.

Ebbene, c’è un forte legame tra la situazione di dissesto del sistema creditizio e il bilancio pubblico: basti pensare che alla fine del 2017 il deficit dello Stato ammontava a circa 350 milioni di euro, di cui solo 110 milioni per l’esercizio corrente – una cifra più che accettabile se messa in rapporto al PIL sammarinese, di circa 1.450.000 – mentre il resto è derivato dalle immissioni di denaro pubblico per finanziare il dissesto di Cassa di Risparmio.

Ma ora il bilancio pubblico rischia di lievitare a dismisura: il deficit di Cassa di Risparmio, stimato nella ragguardevole cifra di 534 milioni di euro, potrebbe finire per essere caricato sul bilancio pubblico, portandolo alla iperbolica cifra di 888 milioni, come afferma la relazione della Commissione di Controllo della Finanza Pubblica, reso noto nei giorni scorsi.

Perché non può essere possibile che sia la stessa Carisp a spalmare questo debito su più esercizi, piuttosto che caricato tutto in una volta sul bilancio pubblico? Dal PdL presentato in prima lettura ciò non emerge, ma ci hanno abituato a sorprese… Se questa intenzione fosse confermata, e ci sembra confermata, con questi numeri si fa fallire il paese! Figuriamoci, chi verrebbe più ad investire in uno Stato che ha un debito di queste proporzioni?!?

La legge finanziaria depositata non dice più di tanto. Ci aspettiamo molte sorprese tra la prima e la seconda lettura, sorprese che saranno sicuramente negative come ci insegna l’esperienza degli ultimi 10 anni; esperienze dalle quali sembra che anche questo Governo attinga a piene mani.

IL SISTEMA BANCARIO

È chiaro che da questa situazione non si esce senza un progetto complessivo: ma qual è il progetto complessivo che il Governo ha sul sistema bancario? Perché continua a non dare le informazioni necessarie sulla reale situazione economica e patrimoniale di tutte le banche, per consentire anche alle parti sociali di partecipare alle scelte?

Perché si continua a parlare di improbabili e inutili fusioni fra banche pubbliche e private? Forse per nascondere altro debito da scaricare sui cittadini? È di questi giorni infatti la notizia che tale ipotesi allo Stato costerebbe la modica cifra di 450 milioni di euro.

L’azione incerta del Governo sulle banche produce l’uscita dal sistema di centinaia di milioni, soldi buoni e dei sammarinesi, che non essendosi sentiti tutelati a casa loro hanno preferito spostarli fuori territorio. Vogliamo la verità sui numeri reali, così come vogliamo sapere come stanno sul piano economico le banche private, ovvero se sono in grado di farcela da sole o se anche per loro sono necessari altri esborsi di denaro pubblico. A proposito: che fine ha fatto l’AQR che ormai aspettiamo da due anni? Tra le altre cose vogliamo anche sapere se la cifra con cui sono stati venduti gli NPL di Cassa di Risparmio alla società Cerberus per un valore pari a € 109 milioni di euro, sia una cifra congrua o meno.

Ora, pensare di mettere tutto il debito di Cassa di Risparmio sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati e dei cittadini onesti è un atto del tutto sconsiderato! Non si possono scaricare sull’intera collettività gli errori e le colpe di chi ha concesso crediti senza le necessarie garanzie! Prima si deve accertare chi ha la responsabilità di questo dissesto, i quali vanno perseguiti penalmente attraverso le necessarie azioni legali. Altrimenti si rischia di rifinanziare gli stessi che hanno creato il danno.

L’esigenza poi di ripulire Carisp di tutti i debiti prodotti da Delta senza aver fornito nessun dato tecnico a sostegno, caricando tutto il debito sul bilancio pubblico, a cosa prelude? Alla cessione della stessa (visto che lo consiglia anche il FMI) al miglior offerente che si prenderebbe solo il buono, scaricando i debiti sui cittadini sammarinesi?

La ricetta poi dell’assistenza tecnica/economica del FMI non ci convince; nelle giurisdizioni dove si sono messi in mano al FMI sono state lacrime e sangue per i lavoratori, i pensionati e lo stato sociale in generale. Ho sempre detto che le banche vanno salvate perché lì vi sono depositate le risorse e i risparmi dei lavoratori, dei cittadini e delle imprese, ma non vanno salvati i banchieri.

Abbiamo parlato spesso della necessità di internazionalizzare il nostro sistema bancario, ma tutto questo deve passare necessariamente dal ricostruire un corretto rapporto con Banca d’Italia, attraverso la sottoscrizione del Memorandum d’intesa e la costituzione di una vera Centrale dei Rischi.

Un accenno a Banca Centrale, la quale negli ultimi anni è stata interessata da un continuo avvicendarsi di dirigenti. È degli ultimi giorni la notizia che un esponente politico della maggioranza è stato nominato nel Consiglio Direttivo. Senza nulla togliere alla persona, alla quale esprimo totale e incondizionata stima personale e professionale, questo atto rappresenta però una chiara intromissione del Governo, in un organismo tecnico-amministrativo molto sensibile, che ha il sapore di un vero e proprio commissariamento politico.

In generale, sulle banche ribadiamo che vogliamo partecipare alle scelte, e in primo luogo vogliamo avere tutti gli elementi di conoscenza necessari. Solo rimettendo in sesto il sistema bancario attraverso un progetto condiviso il paese può ripartire, in quanto questo settore non può più rappresentare una fonte di spesa e indebitamento per i cittadini, ma deve tornare a restituire le risorse necessarie per sostenere lo sviluppo dell’economia e il rilancio dell’occupazione.

I FONDI PENSIONISTICI NELLE BANCHE

I fondi pensione dei lavoratori dipendenti, in tutta questa situazione di dissesto, sono di fatto l’unica fonte di liquidità per gli istituti di credito. Le risorse della previdenza complementare, peraltro, sono state al centro dei tre famigerati decreti del Governo sulle banche che nell’estate 2017 ci hanno portato in piazza.

Tra le altre cose, in uno dei decreti era stato temporaneamente esautorato il ruolo di gestione del Comitato Amministratore di Fondiss per assegnarlo a Banca Centrale, la quale – come abbiamo saputo successivamente – ha disposto la collocazione di quelle risorse presso una certa banca. La CSU si oppose duramente a questa operazione.

E ora, a distanza di mesi, tutti noi siamo venuti a sapere dalla nota ordinanza del Tribunale che dietro a questa operazione ci sarebbero stati soggetti esterni, in particolare il titolare di una società lussemburghese, che avrebbero pilotato le scelte di Banca Centrale, attraverso il Direttore di allora, per indirizzare le risorse verso la certa banca di cui sopra.

Un fatto di inaudita gravità, che ha messo a rischio la stessa sovranità del nostro paese. Con fierezza rivendichiamo il nostro ruolo di unico baluardo a difesa delle risorse dei lavoratori e dei pensionati, tanto è vero che nelle stesse intercettazioni telefoniche la CSU è stata indicata come il più arduo ostacolo a quella ignobile operazione. I denari del fondo pensioni investiti nelle banche sammarinesi ne sono il reale e unico sostegno economico; c’è bisogno di politiche pubbliche che diano a quei fondi le giuste garanzie di tenuta e di guadagno.

LA RIFORMA DELLE PENSIONI

E veniamo al tema sempre caldo della riforma delle pensioni. Che la riforma sia necessaria, siamo i primi a dirlo, perché con lo sbilancio annuale tra entrate e uscite il sistema rischia di andare in default nel giro di pochi anni.

Ma la cura non può essere tale da uccidere il paziente, e in tal senso abbiamo definito inaccettabili gli orientamenti che il Governo ci ha presentato negli unici tre incontri svolti in due anni. Quindi, cari signori del Governo, voi non avete voluto fare la riforma; se lo aveste voluto veramente, avreste stretto i tempi ben prima di ora.

Tra le altre cose, non è possibile passare tout court dal sistema a calcolo retributivo a quello puramente contributivo, anche perché già l’attuale norma prevede in prospettiva tassi di sostituzione inferiori al 60%, che se si riducessero ulteriormente, creerebbero in prospettiva un paese di pensionati al limite della povertà.

Il progetto di riforma  prevedeva inoltre per i giovani una minore contribuzione all’atto della prima assunzione, mentre al contempo si ipotizza che il TFR sia destinato per metà per il finanziamento del secondo pilastro. Anche questa è una soluzione discutibile, partendo dal fatto che attualmente il TFR nel sistema sammarinese è retribuzione diretta, al contrario di quanto accade in altri sistemi.

Ma uno degli aspetti più inaccettabili, è la volontà del Governo di non versare il contributo dello Stato al Fondo pensioni. La loro ultima proposta, presente in finanziaria 2019, è quella di non versare per un anno l’intero trasferimento dello Stato, pari a circa 30 milioni di euro, restituendone solo 19 in dieci anni senza interessi, con la conseguenza che per il 2019 si dovrebbe attingere alla riserva tecnica, formata per la quasi totalità dalle risorse dei lavoratori dipendenti.  Non si ripiana il bilancio pubblico con le risorse del fondo pensioni. Ovviamente non possiamo che respingere questa proposta. Non ci mettono direttamente le mani in tasca nell’immediato, ma finiscono per metterle in quelle dei nostri figli.

Gli aspetti riguardanti l’aumento della quota a 103, portando a 63 anni il limite di età minima per la pensione di anzianità, l’aumento della trattenuta di solidarietà, la cancellazione della quota esente del 20%, l’aumento a 67 anni della pensione di vecchiaia, l’aumento dell’aliquota contributiva, ecc., devono essere oggetto di approfondita contrattazione, e sottolineo contrattazione – sono soldi nostri! – e coinvolgimento dei lavoratori e dei pensionati per la determinazione di ogni decisione.

Circa i tempi della riforma, da mesi il Governo non ha più convocato incontri. Dopo una serie di iniziative serali con la cittadinanza nella primavera scorsa, in cui l’accoglienza dei cittadini verso le loro proposte è stata forse anche peggiore della nostra, e dopo un’intera estate passata in silenzio, l’Esecutivo ha rinviato la riforma ai primi sei mesi del 2019.

Ribadiamo che per noi deve essere una legge che possa durare alcuni anni, senza la pretesa che possa arrivare alla fine del secolo, che necessiterà di aggiornamenti periodici per essere sempre in linea con i diversi cambiamenti socio-economici, e che la governance dei fondi debba essere assegnata in misura maggioritaria alle organizzazioni sindacali e alle associazioni datoriali, che rappresentano i soggetti che versano direttamente nei fondi pensionistici. Ciò a maggior ragione per il secondo pilastro, in cui sono custodite risorse che appartengono individualmente ai singoli lavoratori.

LA PA

Circa la Pubblica Amministrazione, continuiamo a respingere le reiterate intenzioni del Governo di tagli agli stipendi dei lavoratori PA, quasi debbano scontare una sorta di “punizione” per essere dipendenti del settore pubblico. Un’altra tattica di questo Governo è creare un nemico al giorno: oggi è la volta dei dipendenti pubblici. Il nostro non è un no solo economico, è un no politico all’attacco che il Governo porta alla dignità dei lavoratori pubblici rescindendogli unilateralmente il contratto!

Invece, questi stessi lavoratori sono coloro che rendono possibili servizi essenziali come la scuola, la sanità, i trasporti, ecc., ovvero quei servizi che danno significato e sostanza alla stessa democrazia. Per risparmiare si deve partire da altre voci di spesa, ad iniziare da un’attenta verifica degli appalti e delle consulenze, e dalla realizzazione di una serie di economie di scala.

Anche nei recenti incontri sui temi della finanziaria, l’Esecutivo ha insistito con particolare accanimento nell’intenzione di apportare ulteriori tagli agli stipendi dei lavoratori pubblici. Misure inaccettabili, in quanto oltre ad abbassare i diritti dei lavoratori andrebbero a ridurre la capacità di spesa dei dipendenti e delle loro famiglie.

Ma soprattutto perché si tratta di norme contrattuali; non può esistere che il Governo, che in questo caso rappresenta la parte datoriale, modifichi unilateralmente un contratto di lavoro, che è il frutto di un accordo tra le parti e che è l’unico lo strumento che regolamenta il rapporto di lavoro dei dipendenti, fissando anche le retribuzioni. Come può il Governo venire meno ad un contratto di lavoro?

Ho detto ai lavoratori del Pubblico Impiego nel loro Congresso di Federazione, che se decideranno di intraprendere iniziative di lotta sindacale, tra cui lo sciopero – cosa che stanno facendo – la Confederazione non li lascerà soli! E così sara!

L’EQUITÀ FISCALE

Veniamo ora al tema cruciale dell’equità fiscale. Noi lavoratori dipendenti e pensionati abbiamo responsabilmente accettato, con la riforma del 2013, di veder aumentata la nostra contribuzione, consapevoli che era necessario reperire nuove risorse per il bilancio dello Stato, ma nella prospettiva – delineata dalla stessa legge – che anche altre categorie sarebbero state chiamate a contribuire al fisco in maniera corrispondente alla propria forza economica e patrimoniale.

 

Ma per le categorie del lavoro autonomo, invece, dall’approvazione delle riforma tributaria, con dichiarazioni dei redditi inverosimili, il gettito fiscale è addirittura diminuito, e questo non è solo determinato dalla crisi, ma dalla totale assenza di accertamenti e controlli per verificare i redditi reali di tutti i contribuenti, i quali devono versare all’erario in ragione dei loro effettivi mezzi economici e patrimoniali. Finora il Governo non ha fatto assolutamente nulla per invertire questa tendenza, nonostante siano attivi strumenti come la Smac, che se usata in tutte le sue potenzialità può diventare un sistema formidabile di accertamento.

Per di più ci siamo incontrati con l’Esecutivo sulla proposta di riforma dell’IGR, anche questa peraltro posticipata al 2019. Si tratta di proposte che si traducono unicamente in un mero e ulteriore aumento della tassazione per i lavoratori dipendenti e i pensionati, in particolare per la fascia media, i quali sono la maggioranza.

La seconda parte del documento del Governo, dedicata agli interventi per allargare la base imponibile delle persone giuridiche e ai meccanismi di controllo del reddito d’impresa, è tutto un susseguirsi di semplici intenzioni e possibilità, la cui traduzione in azioni concrete ed efficaci è in larga parte tutta da dimostrare.

Per iniziare fin da subito a colpire, finalmente, le diffuse pratiche di evasione ed elusione fiscale, che rappresentano ancora il tallone d’Achille della legge 166 del 2013, occorre da un lato che l’Amministrazione pubblica si doti di strumenti certi per contestare, ad esempio, l’incongruità dei patrimoni familiari (mobiliari e immobiliari ovunque detenuti) in rapporto ai redditi dichiarati, e dall’altro che vi sia la certezza della pena. A tal proposito, bisogna abbassare sensibilmente la soglia oltre la quale scatta il reato penale, in quanto è il deterrente più efficace per combattere l’evasione fiscale.

LO STATO SOCIALE

Lo stato sociale, è un tema strettamente legato all’equità fiscale. Lo stato sociale deve essere universalistico e gratuito per tutti, perfino per i ricchi, come afferma Gino Strada. Questo perché si presuppone che chi più guadagna contribuisca al finanziamento del sistema di protezione sociale, attraverso la fiscalità generale, versando all’erario le tasse in ragione della propria forza economica, in un quadro di reale equità fiscale.

In questo contesto occorre intervenire sul sistema sanitario, un tempo motivo di orgoglio e vanto per il paese, ma che da anni è sprofondato in una situazione di caos e di generale indebolimento, anche per effetto della fuga dal nostro sistema sanitario di tante figure mediche di provato valore.

Da anni diciamo che la sanità sammarinese deve entrare in rete con le strutture sanitarie delle zone limitrofe, in quanto non possiamo pensare che un paese di 34mila abitanti possa avere una sanità di eccellenza in tutti i campi restando chiusa in se stessa. Peraltro, siamo circondati da due regioni, Emilia Romagna e Marche, che hanno sistemi sanitari tra i migliori d’Europa e del mondo.

Riguardo invece alla scuola e alla formazione è necessario un imput importante attraverso scelte condivise con il corpo docente per fornire ai giovani gli strumenti essenziali per competere con successo e con pari opportunità in un mercato del lavoro che rischia di escluderli.

I CONTRATTI E LA LEGGE SULLA RAPPRESENTATIVITÀ

Uno degli impegni fondamentali a cui siamo chiamati nel prossimo mandato congressuale, è quello del rinnovo dei tanti contratti scaduti, in primo luogo per difendere quella soglia di diritti che noi e prima ancora i nostri genitori hanno conquistato in tanti anni di dure lotte.

I contratti devono tornare ad essere lo strumento democratico che regolamenta il rapporto di lavoro e la contrattazione collettiva, il baluardo irrinunciabile, che attraverso l’erga omnes crea le stesse condizioni di trattamento per chi sta nella grande impresa con alto potere contrattuale, e chi sta nella piccolissima attività, con zero potere contrattuale. Altro che la contrattazione di secondo livello e il modello tedesco!

La legge sulla rappresentatività, la n. 59 del 2016, ha creato una cornice giuridica favorevole, facendo in primo luogo chiarezza sui soggetti abilitati a firmare i contratti nei diversi settori lavorativi, stabilendo le modalità per identificare gli iscritti alle diverse organizzazioni e quindi definire il peso contrattuale di ogni sigla sindacale. Ma la cosa più importante che prevede questa legge è che sono i lavoratori gli unici a decidere quale contratto accettare attraverso referendum.

DIRITTI CIVILI

In tema di diritti civili, rivolgo una nota positiva al Consiglio Grande e Generale che ha saputo approvare a larga maggioranza una moderna e avanzata legge sulle unioni civili, che per una volta ci pone all’avanguardia.

Va affrontata e affermata definitivamente una reale parità di genere, oltre che contrattuale, sui posti di lavoro, nella società. Un no forte e convinto verso quella che è diventata una vera piaga, contro ogni tipo di violenza sulle donne. “Non una di meno”.

L’UNIONE EUROPEA

Sul piano internazionale, San Marino deve andare avanti nel processo di integrazione con l’Unione Europea per cogliere tutte le opportunità che questo passaggio epocale può offrire al paese, non solo sul piano economico, ma anche sociale e culturale.

Dispiace che anche su tale tema non vi sia nessun confronto con il Governo, il quale ci ha convocato una sola volta in due anni, alla presenza dei soli tecnici. Nelle scorse settimane abbiamo poi appreso che sarebbe imminente la firma dell’accordo: alla faccia del confronto!

A livello generale, l’Unione Europea è una realtà attraversata da una crisi profonda che non riguarda solo le élites politiche ed economiche, ma che ha prodotto un senso di sfiducia e disaffezione in molti cittadini dei paesi membri, tanto è vero che in molti stati sta crescendo fortemente il consenso verso i partiti cosiddetti “sovranisti” e di estrema destra.

L’Unione Europea deve dunque ritrovare le ragioni vere della sua identità e della sua storica missione, che sono quelle di creare una istanza sovranazionale capace di favorire l’integrazione tra i popoli e le diverse culture nazionali, lo sviluppo della democrazia, la valorizzazione e la tutela del lavoro, la crescita dei diritti sociali e civili. C’è bisogno di più Europa, e non del contrario.

LA CSdL E LE POLITICHE ORGANIZZATIVE

Chi sta nella CSdL deve sentirsi in un luogo sicuro, un luogo di difesa dei più deboli, un luogo dove ci sarà sempre qualcuno ad ascoltare chiunque abbia subìto una ingiustizia o si sia visto negare un diritto anche di natura extra sindacale, un posto dove un sopruso è vissuto come un atto contro la democrazia e la libertà.

Venendo al contesto delle politiche organizzative della Confederazione del Lavoro, esse devono partire dal rafforzamento delle rappresentanze sindacali sui posti di lavoro. Se il sindacato è forte alla base, nel rapporto con il datore di lavoro, allora anche il livello dirigenziale sarà forte. Ogni lavoratore non deve sentirsi solo nel difendere i propri diritti di fronte al datore di lavoro, ma deve sentire di appartenere ad una realtà più grande; è nell’unità con gli altri lavoratori che si diventa più forti nei confronti delle controparti. In uno slogan: uniti si vince!

Al contempo crediamo che i giovani debbano avvicinarsi all’attività sindacale, in primo luogo acquisendo i necessari elementi di formazione e conoscenza che possono permettere loro di svolgere al meglio il proprio ruolo di rappresentanza sul luogo di lavoro e negli organismi di Federazione e Confederali, creando le premesse per il ricambio del gruppo dirigente.

LE RAGIONI DELLO SCIOPERO GENERALE

Per la seconda volta quest’anno abbiamo dovuto dichiarare lo sciopero generale. Il prossimo mese di dicembre sarà un mese di intensa mobilitazione e coinvolgimento dei lavoratori e del paese, allo scopo di far cambiare questa finanziaria iniqua, ma anche di far ragionare questo Governo, che non vuole tenere conto di niente e di nessuno. Porteranno un bilancio con quasi un miliardo di perdite, e questo farà saltare il paese, e forse se ne aggiungeranno altre.

Dicono che hanno spostato la riforma delle pensioni al 2019, però non vogliono più versare 30 milioni nel Fondo e non vogliono più riconoscere ai pensionati la no tax area del 20% della pensione stessa. Dicono che vogliono contrattare, ma intanto tagliano gli stipendi dei pubblici dipendenti con un provvedimento autoritario inserito in finanziaria. Tale misura è assolutamente inaccettabile, oltre che dal punto di vista economico, da quello democratico; i contratti non si rescindono unilateralmente, semmai si cambiano previa contrattazione; le imprese dal canto loro lo sanno, lo deve capire anche il Governo. Attaccano solo i lavoratori dipendenti e i pensionati, alla faccia dell’equità!

Le iniziative di dicembre saranno molte, inizieranno le categorie e seguirà un giro di assemblee con tutti i lavoratori e anche qualche serata pubblica con i cittadini. Ultima settimana sciopero generale. A voi del Governo dico: siete ancora in tempo, desistete, per una volta dimostrate veramente di volere bene a questo paese e fate un passo indietro, vi sarebbe riconosciuto!

Ma se deciderete ancora di fare valere i vostri 32 voti per dimostrare a voi stessi chi comanda, sappiate che la CSdL e il sindacato unitario non si arrenderanno; non ci indurrete alla vostra ragione che sta affossando il paese, useremo altri strumenti democratici.

Continueremo a far sentire forte la nostra voce nel paese, nelle aule di tribunale per far valere i nostri diritti e riempiremo ancora quella piazza che, come recita il suo nome, è simbolo di libertà. Avete perduto completamente ogni contatto con il paese reale e se non lo ascolterete neppure questa volta allora dovrete inevitabilmente trarne le ovvie conclusioni politiche.

L’UNITÀ E GLI ATTACCHI MAFIOSI

Uno dei valori di cui sono più orgoglioso è l’unità di CSdL e CDLS nella Centrale Sindacale Unitaria. Da 42 anni le nostre due organizzazioni hanno avviato un percorso unitario comune che continua tenerle unite, perché al di là delle rispettive radici storico-culturali sono accomunate dalla volontà di portare avanti, sempre e comunque, i diritti dei lavoratori e dei pensionati, nell’interesse generale del paese, in piena autonomia e attraverso gli strumenti democratici della partecipazione attiva. L’unità di CSdL e CDLS è un esempio che a nostro avviso rappresenta un riferimento per tutto il paese che – come prima detto – ha estremo bisogno di coesione.

Le due Confederazioni unite sono un soggetto particolarmente scomodo per i poteri forti e per la politica più becera, che continuano a soggiogare il paese; lo si è visto anche in occasione del tentativo – attraverso una lettera anonima – di infangare i gruppi dirigenti di CSdL e CDLS, evidentemente per il ruolo che abbiamo svolto non solo a difesa degli interessi dei lavoratori e dei pensionati, ma di estremo baluardo della stessa democrazia.

Questi tentativi intimidatori dal sapore chiaramente mafioso non ci fanno però più effetto di una zanzara su un elefante; noi siamo determinati a non chinare la testa di fronte a nessuno, e ad andare avanti per continuare a rappresentare la parte sana del paese e per testimoniare il bisogno di unità, legalità e trasparenza.

CRESCITA ORGANIZZATIVA

Sul piano organizzativo, dal 2014 al 2017 la Confederazione del Lavoro è aumentata di 345 iscritti, passando da 6.798 a 7.143, con un più 5% a livello percentuale, a dimostrazione di un consenso che cresce costantemente verso un’organizzazione autonoma, democratica e pluralista che vuole continuare ad essere un elemento imprescindibile della democrazia del paese.

CONCLUSIONI

Devo parlare qualche minuto di me, anche se non amo farlo, ma è necessario. Sapete che la mia età è prossima alla possibilità di collocamento a riposo. Ho passato buona parte della mia vita in questa Confederazione, e posso dire che fra di voi mi sento a casa, ci sto bene, in un luogo sicuro, che mi ha dato molto. Ho sempre detto che con il termine dell’attività a tempo pieno non avrei mai abbandonato il mio sindacato; io non mi ci vedo da qualche altra parte, e quindi ho detto più volte ai compagni della struttura che non sarebbero riusciti a sbarazzarsi di me neanche dopo.

Oh, mi hanno preso alla lettera, mi hanno proposto di fare un altro mandato da Segretario Generale; dapprima credevo scherzassero, invece facevano davvero!

Per farla breve, abbiamo un po’ ragionato e visto che non mi sento per niente in disarmo, ho deciso di accettare questa ulteriore sfida che sarà nel segno di aiutare, nel limite delle mie conoscenze, ma anche delle mie scontrosità, questa Confederazione, che come ho detto mi ha dato molto, e proverò a restituirle quello che mi ha insegnato.

Sono però sicuro che tutta la struttura sarebbe stata capace ed efficiente anche senza di me, lo dico a ragion veduta; li conosco tutti uno ad uno. Certo è che voglio essere un’opportunità per la CSdL e non un peso, quindi se il Congresso lo vorrà, sono disponibile a fare l’ultimo giro da Segretario Generale.

Infine i ringraziamenti, che questa volta farò in modo inusuale, non citando nessuno per nome per non metterli uno dietro l’altro. Ringrazio quindi tutto il personale tecnico della CSdL e della CSU, i dirigenti e funzionari della CSdL e delle Federazioni.

Chiudo, compagne e compagni, con questa frase: chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso. Proviamoci a cambiarlo questo paese!

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