Fusione BSM-Carisp, il Governo prende atto del “no”

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San Marino. Poco meno dell’80 per cento di no ad un progetto di fusione tra le due banche più grandi del territorio, è in qualche modo lo specchio degli umori del Paese nei confronti delle decisioni prese dall’alto. E fa capire che qualcosa si può cambiare. Infatti, il no perentorio dell’Ente Cassa all’aggregazione fra BSM e Carisp sta già producendo i suoi effetti. “Da ieri – dice Pino Guidi – la società KPMG ha interrotto il rapporto con la Banca di San Marino”.
All’indomani dell’Assemblea, nella giornata che precede il Consiglio Grande e Generale, gli incontri si succedono senza sosta. Il Presidente di BSM Fausto Mularoni, ai microfoni di RTV, preferisce non commentare. “Sono convinto – dice – che il presidente di una banca meno parla, meglio è”. Principio che vale ancor più oggi, in attesa del confronto con tutti gli organismi interni. Mularoni assicura massima apertura: “Ho sempre incontrato tutti – dice – senza distinzioni fra le posizioni. La cosa principale è non interrompere i rapporti umani”. Impossibile scucirgli di più.
Il momento è quanto mai delicato con l’Ente che ha spostato il tiro sulla governance richiedendo le dimissioni del Consiglio Direttivo. La sfiducia è totale. “Vediamo se capiscono che sono stati sconfitti e non più rappresentativi. Abbiamo avuto una maggioranza del 78%” – rimarca Pino Guidi – che ricorda che il comitato “No-fusione” è ancora attivo. Se l’aggregazione è stata bocciata senza appello, c’è disponibilità a ragionare su sinergie di sistema. “Sono possibili gestioni in comune con banche sane del territorio – spiega Guidi – ma serve il confronto con Banca Centrale, CCR, Segreteria Finanze, un parlamento che smetta di litigare e che sollevi le sorti economiche del paese. Non siamo smarriti, le idee le abbiamo”.
Se da una parte occorre ridefinire i rapporti interni a Banca di San Marino, dall’altra serve anche un piano per Cassa di Risparmio. Per la maggioranza una cosa è certa: la banca dello Stato ha bisogno di risorse e c’è chi propone di finanziarla subito. In mancanza di riserve liquide, emettendo Bond. Sul tavolo, poi, riduzione di spese e filiali, nuovi servizi, ristrutturazione della gestione. Tradotto: un nuovo management o il rafforzamento di quello attuale. Tutto comunque sarà in funzione del nuovo piano industriale.
Tornando allo stop sulla fusione, il Segretario alle Finanze  Eva Guidi  prende atto della decisione e, alla tivù di Stato commenta: “Ci dispiace, perché credevamo nell’avvio di questo percorso. Nell’ipotesi di fusione – precisa – pensavamo ad una Cassa di Risparmio ricapitalizzata”. L’operazione sarebbe stata quindi fatta con una banca dello Stato risanata e con l’obiettivo “di creare un’impresa bancaria con maggiore peso e dimensioni, e quindi più forte per fare fronte alle sfide future una volta firmato il memorandum con Bankitalia”. Che comunque, al momento, sembra ancora lontano. Anche se il no è perentorio, il governo spera si possa riparlarne. In ogni caso Cassa deve passare per un percorso di ricapitalizzazione che lo Stato “ha in animo di fare in tempi brevi”.

 

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