Come cambia l’immagine del Consiglio Grande e Generale

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Rete continua a riservare sorprese. Dopo un exploit di lista che la porta ad essere il secondo partito dopo la Dc, le preferenze lasciano di stucco: Matteo Zeppa ha più voti di Giancarlo Venturini e di molti altri leader democristiani, socialisti, o pidiesse. E questo, senza seguire le vecchie procedure della campagna elettorale: telefonate, cene (anche due o tre per sera), santini (i pizzini con le indicazioni di voto), visite a domicilio, o alle comunità estere, eccetera, eccetera.

Zeppa, un enorme di casco di ricci ribelli, talvolta raccolti a coda di cavallo, eschimo e scarpe da tennis, è uno di quelli che si alza la mattina e guida il muletto per portare le merci agli scaffali del supermercato dove lavora. Poi va in Consiglio, senza il completo di Armani e il Rolex al braccio.

Ma quelli di Rete sono tutti così: nature!

Anche le donne. Guai a chiamarle quote rosa. Lavorano come gli uomini, forse anche di più, jeans e maglioni, qualche rara gonna alla caviglia. Non le vedrai mai con la borsetta di Louis Vuitton o con scarpe da 2000 euro. Semplici e bellissime, tra borse della spese, pannolini, merende per i bimbi, e questioni di Stato. Elena Tonnini, anche lei votatissima, si è guadagnata rispetto e considerazione per la qualità degli interventi, la competenza, l’impeto che mette in ogni cosa. Una vera pasionaria. Ma sono tutte così, legate da una cameratismo da cui le altre donne hanno solo da imparare.

E hanno dimostrato che la preferenza unica non ha affatto penalizzato le donne.

Non dappertutto succede così. Nei partiti storici, comunque qualcuna è emersa. Denise Bronzetti è la prima nel PSS. Nella DC invece, le donne fanno sempre fatica a distinguersi e, in questa tornata, c’è solo Mariella Mularoni a portare la bandiera. In SSD sono due, in Civico 10 una.

Per gli amanti delle statistiche, tra le donne elette, la metà sono di Rete. È un altro dato, o una curiosità, se vogliamo.

Per il resto, la preferenza unica, ha fatto vedere il valore reale dei candidati. È vero che le grandi famiglie hanno concentrato i loro voti verso qualche loro rampollo, e qualcuna c’è riuscita a farlo eleggere. Ma nel complesso, ciascuno ha dovuto dimostrare da solo la sua forza. Il resto lo farà il ballottaggio, che assegnerà al vincitore il premio di maggioranza. Quindi, si toglieranno seggi all’opposizione per assegnarli alle liste della coalizione vincente. E poi ci sarà la nomina dei dieci Segretari di Stato, che verranno sostituiti in aula dai primi dieci non eletti. Insomma, la geografia completa dell’aula è ancora tutta disegnare.

a.ve.

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