Giustizia: è successo il finimondo, ma non è cambiato niente

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San Marino. Alzi la mano chi ha capito qualcosa ascoltando il dibattito consiliare sulla questione giustizia. Il detto e il non detto si sono mescolati in una miscela esplosiva, che certo non depone per la democraticità dello Stato, né tanto meno per la sua buona immagine.

È successo qualcosa in commissione giustizia, a fine novembre. Quello che succede lì dentro è riservato, ma se ne sono saputi i contenuti dagli eventi successivi. In particolare dalla nota divulgata dal Consiglio Giudiziario Plenario del 5 marzo scorso, dove viene redatto un lungo elenco di “misfatti” compiuti dall’ex magistrato dirigente Valeria Pierfelici. Ma come al solito, si guarda il dito e non si vede la luna. Qui infatti c’è la conferma del problema che ha fatto saltare la commissione di giustizia: le pressioni della politica sulla magistratura. Poi c’è tutto il resto, ovvero le relazioni difficili all’interno del tribunale. Ma quelle, più o meno, ci sono sempre state.

Da chi vengono le pressioni, e perché? Questo è il vero nodo. Molto probabilmente partono dall’esposto del governo contro il tribunale per la perquisizione in casa di Savorelli, quando Savorelli non c’era più e al suo posto c’era Capuano. Che ha capito tutto e ha pensato bene di andarsene seduta stante. Quindi, dietro a tutto, sembra esserci la questione titoli. Che a sua volte nasce da un groviglio di interessi probabilmente non legittimi.

Ragionando per assurdo, se la commissione giustizia, di fronte al report di Valeria Pierfelici, pur di fronte alla gravità dei fatti, avesse aspettato in silenzio che le indagini facessero il loro corso, probabilmente le cose sarebbero andate nel verso giusto, e cioè del rispetto della giustizia e delle leggi. Invece è successo il finimondo. Il denunciante è stato denunciato, addirittura revocato dal suo incarico, pur in assenza di una legge che permettesse tale procedura. Ma questo è possibile perché il Consiglio ha una maggioranza incrollabile, mentre in tribunale la maggioranza interna si è rovesciata.  Così si è arrivati alla tempesta perfetta al cui centro c’è la politica che detta legge in tribunale.

Nel mezzo, il processo Mazzini, che tutti invocano come esempio di autonomia del tribunale. Ma il processo Mazzini è la classica foglia di fico per coprire le pudenda. Chi ha seguito le cronache ricorderà che il conto Mazzini era un libretto su cui sono transitati i 5 milioni della mazzetta per il Credito Sammarinese. Non c’era altro, che invece è altrove. È in quell’altrove che bisogna guardare, e con il quale bisogna fare i conti: chi e perché ha scoperchiato il pentolone, chi ne ha giovato, cosa è cambiato negli equilibri di potere, quali sono state le conseguenze?

Non servono a nulla i dibattiti consiliari come quello appena celebrato, finché non si avrà davvero il coraggio di tirare fuori tutte le cose, di guardare esattamente cosa sia successo, chi ha mosso i fili di una tragedia che, se continua in questo modo, porterà il Paese al tracollo.

T. de Ruggiero

 

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