Ogni anno, con l’avvicinarsi del “27 gennaio Giorno della Memoria” in tv vengono trasmesse interviste dei sopravvissuti ai campi di sterminio e mai come quest’anno la linea rossa che attraversa queste testimonianze è la paura che una volta scomparsi loro, in media ultranovantenni, tutto tacerà, nessuno più racconterà questa pagina nera della storia recente, pagina di cui già qualcuno oggi mette in discussione l’esistenza.
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Edith Bruck mercoledì sera in tv ha raccontato come l’umiliazione e la segregazione razziale in Ungheria, dove viveva con la sua poverissima famiglia, fossero iniziate ben prima dei campi di concentramento, dove fu deportata a 12 anni. Prima, quando ancora era bimba e i coetanei le sputavano addosso perché ebrea, i vicini di casa le chiudevano la porta in faccia e la mamma si disperava perché non aveva più farina per cucinare un po’ di pane per i figli … Hannah Arendt scriveva che “la lezione della spaventosa, indicibile e inimmaginabile “banalità del male” non si gioca sul fatto che il male sia banale, ma che la parola “banalità” sta ad indicare quanto esso sia perpetrato da persone ordinarie”.
I primi esperimenti di eliminazione fisica delle persone furono realizzati sui malati di mente e disabili tedeschi, anche bambini, alla fine degli anni ‘30. Le prime esperienze di camere a gas e forni crematori furono fatte su di loro. L’associazione AttivaMenteques
Se tutto questo orrore è potuto succedere negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso, con i mezzi di informazione limitati rispetto a quelli di cui disponiamo oggi, mezzi che in un modo o nell’altro possono manipolare le coscienze della massa acritica, ci rendiamo conto di quanto il grido di allarme sia reale e il pericolo oggi sia costante.
Ecco allora che la memoria, la creatività artistica e immaginativa, l’esercizio critico e riflessivo possono essere efficaci strumenti per allenare le coscienze ed esorcizzare il male.
La paura che la memoria dell’orrore vada persa e che ciò che è accaduto possa tornare può essere curata solo con la cultura, con l’allenamento del senso critico nelle giovani generazioni attraverso la scuola e anche attraverso i media, che tanto permeano la vita quotidiana dei ragazzi.
La storia del ‘900 tutta va studiata e meditata fino in fondo, non solo “toccata e fuga”.
Perché la Giornata della Memoria non sia retorica, ma consapevolezza, per conoscere e non dimenticare…
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