C’era una volta un ospedale a misura d’uomo

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Gentile Segretario di Stato alla Sanità Franco Santi.

Mi sento il dovere di esprimere alcune considerazioni su quanto sta avvenendo nella nostra sanità che sta attraversando anni bui e di profonda crisi. Si ricorre spesso alla scusante di aver ereditato situazioni drammatiche dalle precedenti amministrazioni generando uno stato di rassegnazione e inerzia. Io conosco il passato in quanto ho fatto parte dell’Istituto per oltre un quarto di secolo avendo creato e diretto il reparto di Ortopedia e Chirurgia della Mano. Ricordo perfettamente come questo ospedale fosse organizzato a misura d’uomo senza inutili ostacoli burocratici, dove i rapporti umani erano privilegiati e anche il dolore e la malattia erano veramente condivisi.

Si pensava al futuro senza tanta burocrazia ma con lungimiranza, la politica di allora provvedeva al fabbisogno di una sanità autonoma e indipendente: “Avevamo posti dedicati ai giovani sammarinesi nella facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna e poi Ferrara e nelle scuole di specialità; avevamo addirittura un eccedenza di medici tanto che qualcuno si è creato la sua carriera all’estero”. Nel mio reparto ho avuto specializzandi del Rizzoli che hanno svolto il loro tirocinio formativo in Ortopedia e qualcuno si è fermato a lavorare per anni.

Vorrei sottolineare come il mio reparto è stato certificato dalla Federazione Europea Servizi Urgenza Mano; abbiamo portato la presidenza della Società Italiana di Chirurgia della Mano a San Marino, siamo stati il primo reparto in Italia ad avere un servizio di Terapia del Dolore, utilizzando figure di altissima professionalità. Sportivi di fama internazionale sono venuti ad operarsi nel nostro reparto fra cui: Stoner, Simoncelli, Capirossi, V. Rossi, Locatelli, Pirro, M.Pasini, F. Inzaghi, Tramezzani e tantissimi altri.

In questi anni, abbiamo assistito alla burocratizzazione e all’informatizzazione complessa ed esagerata per la nostra realtà, con scelte discutibili anche in fatto di praticità che hanno snaturato il rapporto umano e confidenziale che avevamo in questa piccola realtà dove tutti ci conosciamo. In questo ammodernamento non si è tenuto conto della risorsa umana più importante quale il personale; per fare un esempio pochi anni fa abbiamo visto interrompere i contratti con infermieri che si erano formati nella nostra scuola infermieristica o che avevano iniziato la loro carriera nel nostro ospedale, personale esperto che si è subito ricollocato nel mondo professionale italiano e che oggi siamo a rimpiangere.

Nella nuova riforma organizzativa si sono di fatto declassate le figure dei primari diventati “Direttori di unità operative complesse” privandoli della propria autorevolezza in campo clinico e quindi decisionale; di fatto basta che il direttore organizzi e divida i compiti fra il suo personale, rispetti gli obiettivi di budget e poco importa se sa operare o no: infatti si fa ricorso continuamente a consulenti esterni.

L’esempio del mio reparto è stato eclatante, si è ignorato il mio parere riguardo all’equipe che avevo predisposto alla mia successione in grado di proseguire e garantire la continuità del progetto da me iniziato. Addirittura ho vissuto l’ultimo periodo del mio primariato con grosse difficoltà a dialogare con il comitato esecutivo addirittura durante gli ultimi mesi del mio mandato a mia insaputa è stato organizzato il concorso per la mia sostituzione atto inusuale e veramente offensivo. Nel frattempo sono accadute situazioni che non hanno spiegazioni plausibili per nessuna politica e amministrazione. Perché a fronte di una legge priva di buon senso che mette in pensione i primari per raggiunti limiti di età si permette che vengano sostituiti da pensionati consulenti italiani anche di maggior età? Inoltre con remunerazioni nettamente superiori agli stipendi dei dipendenti?

Vorrei ricordale che in territorio molti specialisti in pensione sono stati privati del riconoscimento economico ma al tempo stesso non sono mai stati interpellati a ricoprire i ruoli vacanti. Nel frattempo nei vari reparti dell’ospedale assistiamo “all’apparente volontario abbandono” da parte dei medici. Tutto questo genera ovvie domande a cui l’amministrazione dovrà risponderne.

Non è certamente solo una questione economica se tanti medici sammarinesi si sono allontanati dall’ISS! Non è stata nemmeno determinante la legge sulla libera professione oggi sostituita dal regolamento che non è una legge e sembra uno strumento più utile ad altro. Ritengo che il danno fatto alla nostra medicina sia davvero incommensurabile e le responsabilità non sono certamente del personale sanitario che con spirito di sacrificio si sforza di compensare e rendere i disagi meno evidenti.

Pregiatissimo Segretario di Stato voglia considerare questo mio intervento un atto di sincero attaccamento alla Repubblica di San Marino e ai suoi cittadini.

Oliviero Soragni

 

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