Unas su legge sviluppo: penalizzate metà delle imprese

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San Marino. Per UNAS, Unione Nazionale Artigiani Sammarinesi, non rappresenta affatto una sorpresa l’esito del questionario promosso dalla segreteria di Stato per il Lavoro, a cui hanno risposto la maggior parte delle aziende presenti sul Titano. Non a caso da tempo l’associazione punta il dito contro i punti critici del progetto di legge presentato dalla Segreteria di Stato Industria, Artigianato e Lavoro e, in particolare, contro l’aumento del costo a carico delle imprese in caso di assunzione di frontalieri. Ricordiamo che, secondo il questionario sul fabbisogno occupazionale diffuso dal CFP, il 47% delle aziende sammarinesi hanno difficoltà a reperire personale in territorio e saranno quelle ad essere colpite pesantemente dalla futura legge sullo Sviluppo.
Il settore dell’Artigianato è tra i più interessati da questa novità poiché ha un alto ricorso alla manodopera d’oltre confine, vista la difficoltà a reperire personale già formato e specializzato sammarinese.
“I nostri associati – conferma Loretta Menicucci, Presidente di UNAS – spesso non riescono a trovare dipendenti tra gli iscritti nelle graduatorie dell’ufficio del Lavoro e sono costretti a rivolgersi oltre confine”. Assumere dipendenti non sammarinesi è dunque un obbligo, puntualizza, non una scelta.
Uno stato di fatto confermato dall’esito del questionario e dalle motivazioni delle difficoltà espresse dalla metà delle imprese – illustrate nei giorni scorsi dal CFP – ovvero l’indisponibilità delle figure richieste in territorio. E se per la segreteria di Stato e Cfp la risposta al problema sta esclusivamente nel potenziare la formazione interna, UNAS ritiene questa una soluzione parziale e non a breve termine.
Ad oggi invece “le nostre imprese – sottolinea Menicucci – se non riescono a far fronte con rapidità all’esigenza di personale, rischiano di perdere gli investimenti fatti e di venire danneggiate in modo da compromettere la sopravvivenza stessa della propria attività”.
Con le nuove normative, la tanto annunciata liberalizzazione del mercato del lavoro verrà di fatto impedita, sostengono gli Artigiani, dalla barriera del maggior costo del lavoro frontaliero – equivalente quasi ad uno stipendio mensile in più all’anno a dipendente – interamente sulle spalle delle aziende.
Tutto ciò, unito alla difficoltà di avere personale già formato disponibile al bisogno, accresce le difficoltà del fare impresa sul Titano, “in particolare per le piccole-medie imprese – conclude la Presidente degli Artigiani – che hanno pochi lavoratori e quelli che hanno sono essenziali per l’operatività stessa dell’azienda”.

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