I soldi dei Fondiss: ci sono, non ci sono, chissà…

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San Marino. Luci e ombre sul tesoretto Fondiss. Ieri sera, nella sala Montelupo di Domagnano, il Comitato di gestione ha presentato il bilancio 2017 e le caratteristiche che contraddistinguono il secondo pilastro previdenziale. Un tesoretto in continua crescita, che oggi è arrivato a 62 milioni, con un aumento di 16 milioni, grazie appunto ai continui versamenti degli associati. Le spese di gestione sono state quantificate in 169 mila euro all’anno, di cui 25 mila per i membri del Comitato e le altre suddivise in assicurazioni, utenze telefoniche, gestione dei siti, eccetera. Le spese non gravano sul contribuente grazie ad un fondo di dotazione di 750 mila euro, a suo tempo messo a disposizione dall’Ecc.ma Camera, del quale oggi sono rimasti 450mila euro.

Attivi e passivi puntualmente rendicontati nel bilancio, che chiunque può vedere sul sito di Fondiss, postato sulla pagina Facebook realizzata recentemente, e rilanciato sul Portale PA. Trasparenza e massima condivisione sono infatti gli imperativi attraverso i quali il Comitato agisce da sempre. Tra breve, sarà attivo anche il simulatore previdenziale che, sempre dal portale PA, consentirà ad ogni associato, in maniera molto semplice, di verificare la sua posizione contributiva: quanto e quando ha versato mese per mese, oltre che fare proiezioni sulla sua pensione futura. Così potrà anche vedere se il datore di lavoro ha eseguito i versamenti dovuti. C’è oltre un milione di euro di mancati versamenti, dei quali forse gli interessati non hanno consapevolezza e che non è facile recuperare in qualche maniera. Ci sono in tutto 30 mila posizioni nei Fondiss, tutte con nome e cognome, a differenza del primo pilastro dove i versamenti vanno tutti nello stesso pentolone.

I problemi. Il Comitato di gestione, presieduto dall’avvocato Nibbio, sottolinea che i versamenti sono troppo bassi per garantire una pensione complementare adeguata: la fascia di età più giovane versa una media di 55 euro al mese, in altre fasce si arriva a 200 euro all’anno. Veramente troppo poco, di fronte ad una quota minima che dovrebbe essere almeno di 85 euro al mese. Sul tavolo del confronto, ci sono varie ipotesi di aggiustamento, ma ci vorrà tempo.

Altro problema è come ottenere maggiori rendimenti da questo tesoretto. La legge ha maglie molto strette e il Comitato è davvero molto scrupoloso nella sua osservanza. I soldi possono essere impiegati solo all’interno del territorio. Perciò, quando a marzo dello scorso anno il Comitato ha visto movimenti troppo rischiosi nelle banche, ha deciso di allocare i soldi in Banca Centrale. La quale, dopo una prima offerta dello 0,70 per cento di interesse, ha accordato l’1,30 se fosse stato posto il vincolo per un anno. Le condizioni poste sono state ritenute congrue, così i Fondiss sono confluiti in Banca Centrale, vincolati fino al 30 giugno 2018.

La spiegazione non è bastata al pubblico, che si è scatenato in molte domande e in molte considerazioni a seguito della ben nota “questione titoli” nata a seguito del famoso decreto 79 di luglio 2017, che prevedeva la non applicazione delle norme previste per il fondo di garanzia, poi ritirato una decina di giorni più tardi. Una manovra che ha generato tutta una serie di conseguenze politiche e giudiziarie.

Il presidente Nibbio ha specificato che il Comitato, come qualsiasi correntista bancario, non può andare a vedere dove la banca abbia investito i suoi soldi. Si deve accontentare del contratto firmato e della lettera che gli ha mandato il direttore generale Roberto Moretti (esibita in slide) dove in tre righe viene assicurata la restituzione dei fondi nella data prevista.

Ma il dubbio rimane in tutti, visto quanto si è venuto a sapere in questi ultimi giorni a seguito dell’Ordinanza del tribunale. Forse anche nel Comitato di gestione dei Fondiss, il quale, probabilmente, ritirerà i soldi da Banca Centrale e li collocherà diversamente. Infatti, se li lasciasse lì, non potrebbe verificare se ci sono realmente. Quindi, provvederà ad emettere un bando di concorso (o una gara d’appalto) tra tutte le banche sammarinesi per verificare quale di esse potrà offrire le condizioni migliori di rendimento e di garanzia. Ma anche questa soluzione non è priva di rischi: uno, perché tra le banche c’è anche chi ha in piedi un contenzioso in tribunale proprio per i fondi previdenziali non pagati, e in base alla legge non la si può escludere dal bando; due, perché la soluzione ottimale potrebbe essere Carisp, dal momento che è diventata banca dello Stato. Ma anche lo Stato è pieno di debiti, oltre che la banca, e il rischio potrebbe essere addirittura superiore.

Come andrà a finire, proprio non si sa.

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