Barbara Bartolini contro il racket delle badanti in ospedale

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San Marino.  Barbara Bartolini è una donna coraggiosa. Una donna sammarinese “sopravvissuta alla falcidie del lavoro nero” come lei stessa ha affermato raccontando il calvario di umiliazioni, delusioni, difficoltà economiche per tenere in piedi la sua attività di imprenditrice nel settore dell’assistenza. L’unica in Repubblica. Ci vuole coraggio anche solo a mettere su un’impresa di questi tempi, senza pensare a quello che ti può succedere quando ti scontri col lavoro nero e con il racket che lo gestisce. Lei non demorde, mentre la sua collega Anna Rita Mauriello, a capo del Progetto Autonomia, ha chiuso a San Marino e si è trasferita in Italia. Era stata definita “competitor di un lavoro irregolare” che oggi domina all’interno dell’ospedale.

Barbara è rimasta e si è assunta la responsabilità e il peso emotivo di informare tutti. Racconta la sua via Crucis per poter esercitare il diritto di lavorare contattando le Segreterie di Stato, gli uffici ISS, l’Ufficio del Lavoro, non raccogliendo neppure la carità di un appuntamento. “La legalità in questo settore non piace” afferma nel corso di una conferenza stampa organizzata dal neonato Comitato Civico #Rispetto e spiega qual è il cavallo di Troia attraverso cui si aggirano norme, regolamenti, controlli. Ovvero, proprio il regolamento interno emanato dall’Iss per l’assistenza privata non sanitaria, che il cittadino deve compilare in caso di necessità per un familiare degente. Possono prestare servizio gli stessi familiari, i volontari, i dipendenti di impresa, o chi è iscritto alle graduatorie del lavoro occasionale. In questo caso esistono liste che dovrebbero essere collocate anche in ospedale. E così l’ISS “si sgrava dalle sue responsabilità”.

Ma a questo punto, le liste scompaiono appena vengono appese e grazie a questo escamotage chiunque può entrare in orario extra visite. E qui arriva il caporale, anzi la “caporala” perché è una donna che gestisce tutto il traffico delle badanti, reclutate chissà dove, senza nessun controllo sanitario, né tanto meno professionale. La “caporala” ha messo su un’organizzazione capillare, con luogotenenti che gestiscono i vari livelli del meccanismo, che controllano tutto e impongono la loro “merce”.

Barbara Bartolini da anni denuncia il sistema. Tempo fa era andata all’Ufficio del Lavoro assistita da Sandro Pavesi, allora funzionario Osla, poi diventato Amministrativo ISS. Barbara si aspettava sostegno, comprensione, aiuto. Nulla. Come non è arrivato nulla da tutti i Segretari di Stato che si sono succeduti, e neppure da Franco Santi, che già dal 2008 era stato coinvolto in questa crociata. Insomma, dal governo in giù, tutti sono informati dell’esistenza del caporalato in ospedale, ma nessuno muove una paglia.

E così, mentre la “caporala” incassa almeno 40mila euro al mese, dispensa regali e benefit a tutti i fedelissimi, chi ha tutti i titoli per lavorare, per assumere personale, pagare tasse e contributi, insomma campare la famiglia e far girare l’economia, fa fatica a tirare avanti. “Non riesco neanche a rimediare i soldi per pagare FONDISS” confessa con la voce che le trema Barbara Bartolini. Umiliata e vessata da anni.  Come quelle povere badanti che arrivano col pullmino di notte, di nascosto, tanto che la Gendarmeria non le ha mai viste. Che devono accettare qualsiasi condizione venga loro imposta per tirar su due soldi (il pizzo lo riscuote la “caporala”), soggette ad angherie e intimidazioni, vere e proprie schiave vittime della tratta delle bianche.

Roba da non credere nella moderna e democratica Repubblica! Adesso la palla passa al tribunale, dove il Comitato Civico #Rispetto (Coordinatore Alba Montanari) ha depositato un esposto. Il fascicolo è stato affidato al giudice Morsiani. Con la speranza che si faccia finalmente chiarezza e che le responsabilità vengano perseguite.

Vedi anche: https://www.tribunapoliticaweb.sm/politica/2018/06/20/22473_iss-il-lavoro-nero-ce-e-anche-il-caporalato-e-anche-le-coperture

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