Suoni Nuovi – Intervista ad Ivano Giovedì

0
302

Suoni Nuovi

Questo mese entreremo nel magico mondo dellaudio e della produzione musicale insieme a Ivano Giovedì

Rubrica mensile a cura di Nicola Rosti

Ciao Ivano e grazie per aver accettato questa intervista.

Per cominciare, di cosa ti occupi esattamente e come hai cominciato?

Ciao e anzitutto grazie per avermi proposto questa intervista.

I nomi che vengono attribuiti alla mia professione sono Tecnico del Suono”, “Fonicooppure ancora, da esterofili Sound engineer”.

Nello specifico sono un tecnico del suono in studio di registrazione, applicazione molto differente ad esempio da quella di un tecnico per musica dal vivo oppure per il broadcasting.

E’ uno di quei lavori che pochi conoscono, che si consuma nei backstage della produzione musicale ma che in realtà è fondamentale per dare forma e vita ai brani musicali che quotidianamente ascoltiamo e che in alcuni casi ci emozionano.

Il mio lavoro è conseguenza naturale della mia passione per la musica e la tecnologia. La manipolazione del suono mi ha da sempre affascinato, fin da bambino. Il mio percorso inizia nel 2005 all’età di 23 anni quando ho deciso di iscrivermi alla Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo dove ho seguito un corso intensivo per Tecnici del Suono della durata di un anno circa, stage compreso. Una volta diplomato ho cercato faticosamente di inserirmi in uno studio di registrazione e per fortuna, dopo alcuni mesi di tentativi a vuoto, sono stato chiamato a lavorare per uno studio di Forlì. E’ in questo studio che è iniziata la mia vera esperienza sul campo; è stata una dura gavetta che però mi ha fornito un ricco knowledge del quale ancora oggi faccio tesoro.

Da lì è stato un divenire di nuovi contatti ed esperienze, sia in Italia che all’estero, che mi hanno permesso di crescere come professionista del settore.

Sei considerato uno dei fonici più bravi del panorama italiano e non solo. Pensi ci sia molta rivalità nel tuo settore o c’è ancora spazio per uno spirito di collaborazione e crescita condivisa?

Il mio è un settore molto meritocratico: nella maggior parte dei casi il tecnico del suono è un lavoratore autonomo e i musicisti o i proprietari di studi sono i suoi clienti. Se non si posseggono le caratteristiche indispensabili per condurre un lavoro ad un certo livello di qualità, si resta fuori in fretta. E l’umiltà credo che sia uno di quei requisiti fondamentali per questa professione. Ciò produce relazioni il più delle volte di stima verso i propri colleghi, di sana competizione, di confronto e di crescita.

E’ chiaro che non è un assoluto, come in ogni ambito lavorativo le invidie e le gelosie ci sono sempre ma credo che siano in forte minoranza rispetto ai sentimenti positivi.

In che modo il tuo lavoro è cambiato nellultimo decennio?

10 anni per un settore tecnologico come il mio sono considerati quasi un’epoca. I cambiamenti più importanti potrei raccoglierli sotto tre grandi eventi: in primis la lenta e inesorabile morte del CD Audio che ha segnato la scomparsa quasi totale della musica su supporti fisici a vantaggio della distribuzione via streaming. Tutto è ora alla portata di click, il brano del tuo vicino di casa è nello stesso spazio accanto a Michael Jackson. Quello che potrebbe sembrare un perfetto caso di democrazia musicalein verità rappresenta una grande ipocrisia. E’ di fatto un oceano virtuale dove, nella realtà dei fatti, il tuo brano è pressoché invisibile ai più. La scarsa o quasi nulla remunerazione dell’artista che pubblica le proprie opere sulle piattaforme streaming ha generato un danno per l’economia di musicisti, produttori, compositori e, indirettamente, siamo stati coinvolti anche noi tecnici.

Il secondo cambiamento importante è stata l’evoluzione delle tecnologie digitali per la produzione musicale; sto parlando delle interfacce audio e delle Digital Audio Workstation che, di fatto, hanno fornito un’alternativa molto economica e funzionale ai mixer e agli outboard analogici, consentendo da un lato a noi professionisti di ottenere risultati ragguardevoli ottimizzando le risorse ma dall’altro lato ha permesso praticamente a chiunque di improvvisarsi “producer”, talvolta senza possedere neanche la formazione di base per comprenderne il funzionamento.

Mentre un tempo se si voleva registrare un disco l’unico modo era andare in studio di registrazione e investire capitali più o meno importanti, affidandosi a professionisti e strutture consolidate, ora grazie a questi strumenti alla portata di tutti, molti musicisti si registrano in casa con risultati che vi lascio immaginare. Non di rado mi trovo a dover rimediare ad errori di registrazione o di arrangiamento, disperdendo quindi le energie anziché convogliarle in ottimizzazione e valorizzazione del brano in fase di mix. Lo studio di registrazione e il tecnico del suono, in questo senso, restano un riferimento per un certo livello di qualità e segnano la differenza tra un prodotto hobbistico e un prodotto professionale.

Il terzo fattore di cambiamento è stata la crescita della collaborazione a distanza, grazie all’avvento della rete internet superveloce (fibra), che ha preso maggiore slancio durante la pandemia da Covid19.

Oggi è possibile condurre il processo di produzione musicale da remoto, in maniera molto efficace, assecondando quella che è la tendenza della nostra era: la rapidità. Ricevo spesso sessioni da mixare o brani da masterizzare, mi collego in diretta streaming con il cliente il quale può seguire in tempo reale tutte le fasi del lavoro, quasi come se fosse accanto a me.

Quali sono gli aspetti positivi e negativi del tuo lavoro?

Comincio da quelli negativi.

Partendo dal presupposto che il mio è un lavoro che si fa solo se si ha la passione, di conseguenza aspetti che per molti risulterebbero insostenibili, per noi non lo sono o, per lo meno, lo sono meno.

Anzitutto non esiste un orario di lavoro fisso: spesso si superano le 8 ore di lavoro quotidiane, talvolta è possibile registrare in notturna e i sabati e le domeniche sono i giorni della settimana nei quali si lavora di più. Già questo scoraggerebbe molte persone! Ma bisogna considerare che, facendo un lavoro che ci appassiona, in realtà il tempo vola e non ci si accorge del suo scorrere.

Un altro aspetto negativo è la variabilità reddituale: come per molti lavoratori autonomi, le entrate mensili possono variare tanto, soprattutto nei primi anni di attività, e questo non garantisce una stabilità. Ma anche su questo ci si fa il callo.

Gli aspetti positivi sono innumerevoli.

Il primo è quello di sentirsi speciali, essere parte di quelli che contribuiscono all’arte musicale. Può sembrare banalmente romantico, ma la mission che ci guida va al di là di ogni aspetto economico e di ogni forma di egocentrismo o narcisismo.

Altro aspetto positivo riguarda la socialità di questo lavoro: ci si trova sempre assieme a tante menti creative, talvolta in contrasto tra di loro, ma con un obiettivo comune. Ci si confronta con gli altri e ci si mette in gioco, c’è sempre qualcosa da imparare o migliorare. E’ un lavoro molto stimolante. Mai uguale a se stesso.

Altro aspetto positivo è che il fonico è un lavoro meritocratico: se hai talento, metodo e determinazione, prima o poi raggiungerai i tuoi obbiettivi. E poi vi è la multidisciplinarietà: convogliano al centro di questa professione competenze di informatica, teoria musicale, elettrotecnica, acustica ma anche psicologia! Molti fonici sono stati dapprima musicisti o, al contrario, erano dei tecnici elettronici. E’ come una malattia, la fonìte, che ti contagia e non vi è cura!

Quale differenza c’è, a tuo avviso, fra produttore artistico e sound engineer?

La differenza tra le due figure è sostanziale.

Il produttore artistico è la figura più importante assieme all’artista.

Il suo compito fondamentale è quello di trovare la formula ideale per esprimere al meglio il potenziale dell’artista e sviluppare questa formula attraverso scelte artistiche e tecniche, coinvolgendo e dirigendo un team di professionisti. Il produttore artistico ha l’ultima parola su tutti e su tutto, persino sull’artista che sta producendo. L’artista stesso infatti, dovrebbe affidarsi quasi ciecamente al produttore artistico. Se indaghiamo sul background di famosi produttori internazionali, noteremo che hanno esperienze consolidate su tutti i campi della produzione audio: sono musicisti, fonici, manager, hanno capacità dirigenziali ed organizzative. Hanno il talento di saper guardare dentro l’artista e carpire il suo potenziale.

Il sound engineer invece, è un sottoposto del produttore artistico.
Ha le competenze tecniche e musicali per portare avanti una produzione dalla registrazione al mastering, passando per le varie fasi intermedie come editing e mixing. Il suo compito è quello di interpretare le esigenze del produttore artistico traducendole in procedure e scelte tecnologiche. Solo se gli viene richiesta un’opinione che esula dall’aspetto tecnico, avrebbe diritto di intervento.

Che differenza c’è oggi, fra uno studio di registrazione professionale e un home studio? Perché optare per il primo invece che fare tutto in casa”?

Negli ultimi anni gli home studios sono cresciuti a dismisura.

Questo perché le nuove tecnologie e il basso costo delle stesse ha consentito a molti di potersi rendere indipendentiin casa propria.

La tendenza attuale è quella di registrare in casa per poi mixare e masterizzare in studi professionali con personale specializzato.

Rispetto ad un home studio, lo studio professionale differisce fondamentalmente per l’entità di investimento economico che è stato fatto che si traduce in una garanzia di elevata qualità del risultato ottenibile. Uno studio professionale anzitutto investe buona parte delle sue risorse nella struttura che deve rispettare degli standard in termini di trattamento acustico, aspetto che viene troppo spesso sottovalutato.

Solo un’assoluta consapevolezza e capacità di gestione possono fare la differenza tra un utilizzo penalizzante e sbagliato dell’home studio rispetto ad un utilizzo proficuo, sfruttando magari quelli che sono i limiti dello stesso a proprio vantaggio (vedi Billie Eilish).

Auto-registrarsi nella fase di pre-produzione può aiutare sicuramente nel capire quali elementi posso funzionare e quali no. Consente di arrivare preparati in fase di registrazione, quando bisognerebbe solo concentrarsi nell’esecuzione delle parti e nelle scelte sonore.

E’ un discorso molto ampio e complesso. Non si può ridurre tutto al bivio Studio Professionale contro Home Studio. Alcuni generi, ad esempio quelli che nascono in-the-box, possono trarre grosso vantaggio dagli home studios, rivolgendosi agli studi professionali solo per mix e mastering, mentre generi prettamente acustici come il jazz o la classica sono quasi per nulla realizzabili in home studio.

In rete troviamo opinioni di ogni genere su strumentazioni, tecniche, verità assolute su questo o quel modo di fare le cose. Quali sono secondo te i miti” più diffusi nel mondo dell’audio?

Il mondo dei video tutorial su YouTube e non solo ha creato una miriade di false informazioni, affermazioni discutibili e soprattutto superficialità nell’approccio a questo lavoro.

In assoluto il mito più diffuso credo che sia quello della superiorità dell’analogico sul digitale. So che molti dei miei colleghi non saranno d’accordo con me, ma credo che l’approccio migliore sia quello ibrido: analogico e digitale possono convivere e integrarsi l’un l’altro. Oggigiorno è impensabile rinunciare totalmente al digitale, anche perché a mio avviso sono stati fatti dei passi da gigante negli ultimi 5 anni e non nego che, a comparazione fatta, a volte preferisco usare il plugin anziché la versione hardware! Per contro ci sono delle macchine la cui emulazione software non è sufficiente a restituire quel saporee per le quali conviene ancora spendere anche migliaia di euro.

Le caratteristiche del workflow di ogni sound engineer sono alla base di queste scelte: non importa quali strumenti egli usa per arrivare al suo risultato. L’importante è il risultato. E l’orecchio fa la differenza.

A cosa stai lavorando di interessante in questo periodo e come possiamo seguire il tuo lavoro?

In estate ho lavorato sulle musiche della serie Netflix “Wanna”, uscita a fine settembre. E’ stata un’esperienza diversa dal solito e molto interessante!

Con gli Es Nova, abbiamo condotto due sessioni in studio dove tutte le consuetudini di registrazione sono state ribaltate, una sfida che mi ha messo a dura prova. Credo che prossimamente verranno pubblicate.

A breve partiranno due produzioni di artisti americani al CrinaleLab, un luogo molto affascinante, allestito recentemente per registrare, sulle colline tra Brisighella e Modigliana.

Cercherò di fare qualche post sui miei profili Facebook e Instagram, per chi volesse seguirmi!

Grazie per essere stato con noi e arrivederci alla prossima occasione!

Grazie a voi!