Mediterraneo, è emergenza-tartarughe: ma arrivano dati confortanti da progetto TartaLife

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Nel Mediterraneo è emergenza-tartarughe. Nel Mare Nostrum, infatti, decine di migliaia di tartarughe marine della specie Caretta caretta, non arrivano a sopravvivere per colpa dell’uomo. Le stime parlano di circa 50mila esemplari di tartarughe marine catturate accidentalmente nei mari italiani e di queste circa 10mila non riescono a farcela.

Dal progetto europeo TartaLife LIFE+ arrivano segnali incoraggianti: i primi dati anticipati in occasione dell’International Turtle day 2019, documentano significative riduzioni di catture e di mortalità di questa specie. In particolare grazie al coinvolgimento diretto dei pescatori sono stati messi in campo dei sistemi di pesca selettivi per la riduzione delle catture accidentali durante le attività di pesca professionale, come ami circolari, dissuasori luminosi o reti speciali che hanno portato a un calo delle catture accidentali che va dal 20 fino al 100%.

“Il coinvolgimento dei pescatori professionisti che hanno adottato le procedure che TartaLife è stato fondamentale – spiega Alessandro Lucchetti del Cnr-Irbim – I pescatori ora sanno che cosa fare e come aumentare le probabilità di sopravvivenza delle tartarughe catturate accidentalmente o addirittura non catturarle affatto. La mortalità diretta della specie si registrava più elevata nel caso dei palangari e delle reti da posta, per questo abbiamo introdotto l’uso di attrezzi a più basso impatto che hanno portato a risultati davvero confortanti. Dopo 5 anni possiamo dire di aver pescatori più consapevoli, responsabili e collaborativi e questo è senza dubbio il risultato più confortante, anche se tanto resta da fare e tanto continueremo a fare”.

In particolari, gli attrezzi “salvatartarughe” introdotti dal progetto Tartalife sono: degli ami circolari diffusi su larga scala in sostituzione di quelli a J che vengono usati nella pesca al pescespada. L’utilizzo di questi ami ha portato a due risultati rilevanti: dal 20 al 30% in meno di catture accidentali di tartarughe e nel caso in cui la tartaruga rimanga allamata l’amo circolare rimane superficiale, non genera lesioni gravi e può essere rimosso più facilmente rispetto agli ami tradizionali. Un altro sistema introdotto nelle marinerie è il Ted (Turtle exluder device), un dispositivo che si applica alle reti a strascico e rappresenta una vera e propria uscita di sicurezza per le tartarughe marine. La diffusione dei Ted ha consentito di ridurre del 100% le catture accidentali. E ancora, sono stati introdotti dei dissuasori luminosi a led che vengono applicati alle reti da posta normalmente utilizzate nella pesca artigianale. Nelle marinerie in cui sono stati utilizzati non ci sono state catture accidentali. Infine in alternativa alle reti da posta sono state utilizzate delle nasse collassabili, molto efficaci in alcuni tipi di pesca. Elemento chiave del successo di tutti i dispositivi è il mantenimento della stessa quantità e qualità del pescato con la riduzione o l’azzeramento catture accidentali. Risultato davvero confortanti se pensiamo che le reti da posta utilizzate dalla piccola pesca costiera e delle reti a strascico erano responsabili di oltre 20mila episodi di cattura ciascuno all’anno e dei palangari che, con oltre 8.000 catture anno rappresentano uno degli attrezzi da pesca più impattanti.

L’altra area di intervento del progetto TartaLife riguarda il potenziamento dei centri di raccolta delle tartarughe marine. Grazie al progetto europeo sono complessivamente 18 strutture che a vario titolo fanno parte della rete TARTALIFE, dai nuovi presidi di primo soccorso ai punti di raccolta e monitoraggio. Dall’inizio del progetto sono state recuperate oltre 1500 tartarughe: curate e rimesse in libertà dopo aver subito traumi o incidenti di vario tipo, come ami, ingestione di plastica che può provocare blocchi intestinali, soffocamento e problemi di galleggiamento, imbrigliamento in corpi estranei che ostacolano il movimento come reti abbandonate, lenze, sacchi di plastica, etc., traumi da collisioni con imbarcazioni.

“Il messaggio complessivo che ci arriva da Tartalife”, ha sottolineato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “è che alla salvaguardia delle tartarughe marine possono contribuire tutti: dai pescatori che possono utilizzare strumenti meno impattanti e favorire il recupero di animali in difficoltà, ai turisti che devono rispettare le aree di nidificazione e l’ambiente marino, dagli imprenditori del settore turistico che possono promuovere un turismo più attento e consapevole alle istituzioni che devono garantire adeguate misure di salvaguardia fino alla comunità scientifica e alle associazioni ambientaliste che possono rispettivamente aumentare le conoscenze su questi animali e proteggerli adeguatamente attraverso i centri di recupero e il monitoraggio dei nidi”.

Giampiero Valenza

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