Dopo 10 mesi di terremoto le banche di San Marino provano la svolta nel 2018

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Repubblica.it  – Andrea Greco

Milano. L ’anno delle grandi purghe a San Marino sta per finire. In queste ore i clienti di Asset Banca, che il 27 ottobre aveva siglato il contratto per cedere in blocco attivi e passivi alla pubblica Cassa di Risparmio locale, sono convocati per la migrazione e il reintegro dell’operatività, congelata a inizio estate anche sui conti correnti. E’ stato forse il passaggio più delicato, ma ora la strada sembra in discesa: il riassetto del sistema finanziario è imbastito, e il segretario alle finanze Simone Celli promette che la musica cambierà dal 2018, e sarà più allegra: «Sono sicuro che da gennaio avremo una svolta per San Marino, i segnali positivi ci sono e mi aspetto un anno di ripartenza ». Non lo si sarebbe detto un anno fa, quando il sistema sembrava collassare, per i problemi di liquidità, quelli patrimoniali dopo le perdite su crediti, la moral suasion sempre più incalzante del Fondo monetario, che per la Rocca è l’istituzione internazionale di riferimento. Quando a fine 2016 Celli si è insediato per conto di una lista civica, dieci anni di recessione, oltre a mangiarsi il 30% del Pil, avevano fatto deflagrare i costumi da finanza allegra, per cui i 5 miliardi di euro di attivi sotto il Monte Titano erano fioriti in 2 miliardi di sofferenze (un terzo a carico del gruppo Delta). E Carisp, leader locale, non aveva fatto meglio dei più svelti marchi privati, con giri milionari di contanti agli sportelli, crediti verso l’Italia slegati da ogni corretta gestione, fidi facili contro garanzie irrisorie, e accantonamenti a neppure un quarto della somma. «Fin da subito abbiamo deciso di far emergere i problemi piuttosto che traslarli nel tempo, anche perché non era più sostenibile – racconta Celli -. Era una cosa da fare ‘ora o mai più’, anche per l’esigenza di intervenire su un istituto ormai nazionalizzata, che quindi deve rispondere alla collettività». Oltre mezzo miliardo è costato alla Repubblica chiudere i buchi di Carisp: somma colossale per i numeri in ballo, che sarà ammortizzata negli anni e impegnerà le future generazioni: per fortuna il rapporto tra il debito sammarinese e gli 1,2 miliardi di Pil è solo al 22%.

Inoltre anni di pressioni e rilievi del Fmi, frammiste a inchieste giudiziarie su più fronti, rischiavano di bloccare il top al percorso di accreditamento con le istituzioni internazionali, tra cui l’Europa, partito anni fa. Così il repulisti 2017 ha finito per diventare un terremoto che ha scosso dalle fondamenta la politica, le istituzioni e le banche locali (vedi cronologia in tabella). Quello che ne uscendo è un sistema finanziario a due gambe: una Carisp sempre più pubblica con uomini e prassi nuovi, chiamati a ripristinare i profitti; e un pugno di banche private che con le loro forze dovranno ripulire i libri e rispondere al controllo qualità in corso. L’asset quality review della banca centrale locale è agli sgoccioli: siamo ai confronti finali e presumibilmente emergeranno carenze patrimoniali e sui presidi di controllo e di gestione; ma la Rocca non toglierà altre castagne dal fuoco ai privati. Le disavventure di questi anni hanno “alleggerito” il sistema finanziario locale, che pesava per un quarto del prodotto lordo e ora si aggira sul 15-18%. Ma Celli spera che le banche superstiti possano rivelarsi più sane e adatte alle sfide future. Quella principale sarebbe fare di San Marino un piccolo «hub finanziario», come spiega lo stesso responsabile del Tesoro: «Nel continuare la strada di trasparenza e accreditamento presa, guardiamo a un sistema competitivo e internazionalizzato, che sappia confrontarsi con il mercato dei capitali grazie a diversi fattori di competitività come la fiscalità leggera, la collocazione geografica al centro del Mediterraneo con cultura europea ma un rapporto di sola associazione rispetto all’Unione (in fase di negoziazione, ndr), una burocrazia snella e un’amministrazione attenta alle imprese». Uno snodo dove importare ed esportare professionalità che il governo vorrebbe concentrare su specifiche nicchie: «Stiamo studiando un quadro normativo incentivante per la tecnofinanza (Fintech) e per la finanza verde (trading energetico), puntiamo poi sul settore assicurazioni e riassicurazioni». Perché i propositi si concretizzino, tuttavia, bisogna prima mettere in bolla i conti pubblici, che la “manovra bancaria” del 2017 ha squilibrato. Nell’anno nuovo San Marino dovrà dotarsi di mezzi freschi liquidi, sia per il fabbisogno statale che per completare la ricapitalizzazione di Carisp. Si stima serviranno fino a 200 milioni, e Celli ha già iniziato il giro delle sette chiese tra Bruxelles e Washington. Il prestito potrebbe venire da un altro Stato, o da istituzioni sovranazionali tipo Fmi, Bers, Bei. Quel che conta è voltare pagina presto: «La ristrutturazione va chiusa celermente, altrimenti l’incertezza può diventare cronica e minare la fiducia e la credibilità degli attori».

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