CSdL: “Debito pubblico: c’è chi esulta e chi si preoccupa”

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I toni trionfalistici del Governo rispetto alla ottima risposta del mercato dei capitali di fronte alla novità rappresentata dai titoli di debito sammarinesi, ci pare fuori luogo. Siamo uno Stato sovrano che, seppure in difficoltà a causa degli enormi dissesti bancari di cui si è fatto carico, ha un PIL pro capite tra i più elevati al mondo, quindi in grado di far fronte agli impegni assunti, se metterà in ordine un bilancio pubblico che fa acqua da tutte le parti: ciò è possibile, chiamando chi ha causato i buchi delle banche a risarcire i danni e tutti gli altri a far la loro parte in base alla rispettiva capacità contributiva, auspicando che presto l’economia riprenda e che arrivino a San Marino nuovi investimenti.

Immaginiamo che gli investitori abbiano scommesso sul fatto che un Paese con numeri simili non fallirà, se non per precise responsabilità di chi ha l’onore e l’onere di gestire la cosa pubblica. Resta però un ampio margine di dubbio, ovvero se il nostro Paese sarà in grado di attuare le riforme necessarie, ed è per questo che pagheremo un tasso di interesse elevatissimo, se rapportato a quello di altri paesi dell’area Euro considerati poco virtuosi, con un rating di poco migliore rispetto a quello di San Marino.

Vero è che avere o meno il cappello della BCE (che sta acquistando titoli di debito pubblico dei soli Stati membri, consentendo una riduzione dei tassi: quelli a durata triennale sono addirittura negativi) fa una grande differenza, ma avremmo potuto strappare condizioni nettamente migliori se i titoli li avessimo collocati dopo aver fatto i compiti a casa.

Se abbiamo fatto bene i conti, i titoli di debito formalmente emessi nel 2020 e 2021 ammontano a quasi un miliardo di euro e quest’anno ci costeranno circa 28 milioni, così distribuiti:

– Titolo irredimibile CARISP 455 milioni: interessi circa 8 milioni.

– Prestito Cargill 150 milioni: interessi circa 4,5 milioni, costi per intermediazioni circa 1,5 milioni.

– Titano Bond 340 milioni: interessi circa 11 milioni, costi per intermediazioni circa 3 milioni.

Cosa faremo dei 490 milioni di debito estero? 150 milioni vanno restituiti a Cargill. 150 milioni servono per ristrutturare il debito interno che, per inciso, rispetto al prestito internazionale ci costava di meno in termini di interessi. 17,5 milioni vanno restituiti alle banche sammarinesi che li hanno prestati allo Stato a dicembre 2020. 23,5 milioni sono i costi per interessi. 4,5 milioni sono i costi per le intermediazioni.

Restano 127 milioni che non basteranno nemmeno per coprire il disavanzo di bilancio del 2020 (95 milioni), a meno che non sia stato coperto in altro modo di cui non abbiamo conoscenza, e del 2021 (70 milioni previsti).

Non è dato a sapere quanto abbiano pesato su questi numeri gli effetti devastanti della pandemia, comuni a tutto il mondo, ma resta il fatto che l’affermazione per la quale i soldi derivanti dal debito estero non andranno a sostenere la spesa corrente, anzi serviranno per gli investimenti, non trova riscontro, salvo che non ci sia sfuggito qualcosa, il che è anche possibile, visto che la struttura del bilancio dello Stato non è di semplice comprensione.

Se così fosse, a breve dovremo contrarre altro debito, questa volta interno, stando alla legge di bilancio approvata due mesi fa.