Le mele cotogne di San Martino

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Domenica mattina, dopo la notte danzante, il pieno di endorfine mi ha risvegliato carico come una molla. All’improvviso il colpo apoplettico: “Caspita, oggi devo portare mia moglie a Santarcangelo alla fiera… Noooo! Un s’a mai bein!” L’obiettivo è acquistare le mele cotogne. Lo sapevo da giorni che il pomeriggio domenicale sarebbe stato compromesso per queste fottutissime mele cotogne, agl’ià enca l’amareggia. Vane le mie obiezioni che presento alla mia dolce consorte: lin sì po’ andè a cumprè ma la titancoop? No la mia mogliettina, che amo, mi elenca tutte le caratteristiche di unicità delle mele cotogne della fiera, sembra che il Santo Graal risieda in qualche bancarella della celebre fiera romagnola. Ok, mi faccio forza, ma non posso che costruirmi uno scenario a dir poco inquietante: il mondo si sarà dato appuntamento in quel di Santarcangelo, la domenica è il giorno clou. Mi sa che ci conviene parcheggiare nel garage e andare giù a piedi. Niente, si parte, bello il viaggio, come sempre. Il monte Aquilone sullo sfondo, le campagne della Val Marecchia, la quiete prima della tempesta. Arrivati nella ridente cittadina iniziamo a girare intorno come delle trottole, non c’è il parcheggio, nemmeno in divieto, giriamo come i matti, la tachicardia mi attanaglia, io odio il caos, poi per delle mele cotogne? 45 minuti d’orologio e riusciamo a parcheggiare in super divieto, da galera, quasi…. L’importante è avviarsi. Ci incamminiamo, rimango sorpreso: tota sta genta an la vegg. Scorgo un’ambulanza, molti paramedici. La visione mi ricorda che sono un ipocondriaco galoppante. Ec fat: mi sento già i segnali di un malore incipiente. Poi mi ricordo di avere mangiato poco a pranzo: è solo un po’ di ipoglicemia, fat forza Luca! In lontananza, all’improvviso, vedo un nugolo di umani addossati a non so che cosa. Ci avviciniamo. Mi chiedo: un gni sarà mica la fila? Ic fa paghè? Poi realizzo: mi ricordo che negli ultimi anni, ogni tanto, qualcuno si sveglia la mattina, si imbottisce di tritolo e va tranquillamente a farsi saltare in aria in mezzo altre persone. Sicurezza. Ci sono i controlli. Giusto: uia menca snò la bomba… Passati i controlli ci incamminiamo verso le bancarelle, scruto le espressioni della gente che si sta assiepando al centro cittadino, nei volti degli uomini leggo lo sconforto della consapevolezza di un pomeriggio sportivo a base di divano e sky ormai definitivamente tramontato. Le donne invece con occhi gli iniettati di sangue proiettati sugli “esclusivi” prodotti sulle bancarelle. Decidiamo di mangiare, prima di fare il giro in mezzo la calca: piada salsiccia e cipolla, vogliamoci bene. Sto per sferrare il primo morso, quando con un colpo su una spalla un ragazzo (che poi scopro essere austriaco) mi chiede con gentilezza cosa sto mangiando. Glielo dico, la sua espressione è dispiaciuta. Forse sperava che la cipolla fosse crauti e le salsicce wurstel? Ai vria dì: maignti na pieda clè mei ad clà rubaza!  Finalmente troviamo il “tesoro”. Con quello che spendiamo e con la pressione sulla spalla del peso delle mele cotogne che mi ravviva la tendinite, dico a mia moglie: “Vogliamo mangiare marmellata per i prossimi 2 anni? Se ti azzardi a comprare la marmellata alla coop…ci separiamo!” Non è finita, compriamo tante altre cose, sembra che i venditori ambulanti ipnotizzino noi poveri acquirenti persuadendoci su tutto, ovviamente ad un prezzo spesso spropositato. Continua il nostro itinerario fra le viuzze della cittadina, il respiro mi viene a meno, ad un certo punto avverto che mi sto spostando senza muovere le gambe, la calca è talmente fitta che è la gente a spostarmi, le gambe non servono, quasi non appoggio i piedi. Divento ipersensibile, le urla dei bambini sembrano urla agghiaccianti di un’orda infernale, capisco che ho raggiunto il culmine. Mia moglie, con sguardo compassionevole, capisce la mia agonia…e decide che possiamo tornare. Il mio viso riprende subito colorito, l’umore piano piano torna a livelli ragionevoli. Ci incamminiamo, saliamo in macchina, ascoltiamo la musica durante la guida, ogni tanto mi giro per vedere mia moglie sulla mia destra. È contentissima per il suo bottino, mi farà sicuramente una buonissima marmellata. Penso tra me e me che ne è valsa la pena: felice lei, felice io!
La è steda dura, ma ai l’avem fata!

Luca Gualandra

 

 

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